Padre Michel: Il prezzo della gioia e della pace
Padre Michel Remaud della comunità di Gerusalemme riflette sul saluto di Gesù risorto nel Vangelo di Matteo.
Quando Gesù incontra "Maria Maddalena e l'altra Maria" all'alba della mattina della risurrezione, dice loro: "Salute avoi!" (Matteo 28,9). La parola greca "chairete", che è usata qui, significa letteralmente "gioite". Nel suo uso quotidiano questa formula vuol dire semplicemente "Ciao", come "shalom" in ebraico. Ciò che è notevole è che nel Vangelo secondo Matteo questa parola ricorre solo tre volte con il significato di saluto e questre tre volte sempre nel contesto della passione e risurrezione di Gesù. Quando Giuda Iscariota, a capo della banda di soldati giunri per arrestare Gesù nel Getsemani, si rivolge a lui, gli dice: "Salve, Rabbì" (Mt 26,49). In greco questo "Salve, Rabbì" suona particolarmente cinico perché può essere tradotto con "Gioisci, Rabbì". Poi, quando i soldati deridono Gesù, gli dicono: "Salve, re dei Giudei!" (Mt 27,29).
Dunque, nella passione, Gesù sente due volte questo saluto, usato come formula di tradimento e derisione. Questo stesso saluto è la prima parola che pronuncia, come benedizione, dopo la sua risurrezione. Sia che comprendiamo la parola come "gioisci" in greco o semplicemente "ciao", questa benedizione va oltre la parola che l'esprime. Ricevendo questo saluto nella sua passione come insulto, Gesù ha pagato il prezzo per cui attraverso la sua morte e risurrezione è divenuto una benedizione.
Possano la nostra gioia e la nostra pace essere superiori alla misurata, per quanto infinita possa essere, del prezzo pagato per esse.