Ziv: Parashat Shelah Lekha


Ogni settimana, Gad Barnea o Suor Agnese della Croce (della Comunita’ delle Beatitudini) ci propongono una riflessione su un brano del Pentateuco che viene letto nella sinagoga (parashat hashavua). Questa settimana il brano e’ tolto dal Libro dei Numeri 13,1 – 15,41 con l’haftarah (lettura aggiunta) dal Libro di Giosue’ 2,1-24. La loro riflessione e’ chiamata “ziv” – raggio di luce.

ziv shelahLa terra dove scorre latte e miele …
Il titolo di questa parasha ci da’ una chiave di lettura degli eventi qui descritti letteralmente: “Manda uomini a esplorare il paese di Canaan che sto per dare agli Israeliti” (Numeri 13,2) e non semplicemente “Manda uomini” ... Secondo una tradizione, la ricognizione della terra di Canaan e’ l’iniziativa di un popolo venuto a cercare Mose’ affinche’ riconosca questa terra, e non un comando dall’alto. La terra non ha bisogno di “essere esplorata” perche’ in un certo senso e’ gia’ stata visitata dal suo creatore. Un midrash spiega che dopo questa richiesta da parte del popolo, Mose’ e’ andato a chiedere consiglio a Dio: “Questo e’ cio’ che il popolo mi chiede, questo o quello”. E Dio gli rispose: “Questa non e’ la prima volta, erano gia’ stati derisi in Egitto” (Osea 2,7). Io li conosco per cui non ho bisogno di metterli alla prova. Come sta scritto: “ Svela cose profonde e occulte e sa quel che e’ celato nelle tenebre e presso di lui e’ la luce” (Daniele 2,22). E Dio disse: “Mose’, conosco il loro cuore, ma dal momento che te lo chiedono, inviali tu stesso” (Numeri Rabbah 16,28).

Il comando di Dio,secondo questi commenti, deriva dalla debolezza delle persone, al punto di abbandonare la traversata del deserto ... E si puo’ pensare che anche Mose’, che cerca di rassicurare il popolo, agisce per mancanza di fede e di fiducia. Secondo la tradizione, questo “inviare” costituisce un peccato tanto grave come quello del vitello d’oro, infatti la ricognizione della terra da parte degli eploratori finisce in una catastrofe: gli esploratori maledicono la terra commettendo il peccato di calunnia e di maledizione. Un commento (del Rabbino di Kotsk) dice che in realta’ i fatti riportati dagli esploratori erano precisi ma cio’ non significa che erano veri ... La verita’ si trova anche nell’interpretazione di questi fatti, nella loro vera lettura, ed e’ qui che gli esploratori hanno peccato. Non hanno creduto alla promessa. Di conseguenza, i figli di Israele hanno vagato per quarant’anni nel deserto, e nessuno di questa generazione entrera’ nella terra dove scorre latte e miele.

Un commento di Maimonide spiega che era difficile per questi uomini passare dalla schiavitu’ alla liberta’ ... Si erano fatti una mentalita’ di schiavi incapaci di assumersi responsabilita’, incapaci di entrare nel vortice della liberta’. Il deserto e le sue prove sono come una fornace che serve per forgiare una nuova generazione che non abbia conosciuto la schiavitu’. I quarant’anni nel deserto erano una specie di preparazione alla liberta’.

Si legge che, dopo aver inviato gli esploratori, Mose’ cambia il nome di Giosue’ (Numeri 13,16). Aggiunge un “Yod” al suo nome, una lettera del nome divino. Questo perche’ Giosue’, a sua volta, al momento di entrare nella terra promessa, inviera’ due esploratori (Giosue’ 2,1), e questa e’ la storia che si legge in questa parasha. Lo “Yod” aggiunto deve servire da protezione per evitare che si ripeta la storia di dubbio e di mancanza di fede. Shabbat Shalom.

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