Padre Gregor: un nuovo libro


Padre Gregor Pawlowski, sacerdote della comunità di Giadda dal 1970, ha pubblicato un nuovo ed originale libro in polacco: "Sopravvissuto alla Shoah, al servizio di Cristo", scritto interamente in versi. Il libro è stato presentato il Polonia nel marzo 2012.

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"Sopravvissuto alla Shoah, al servizio di Cristo" è stato recentemente pubblicato in Polonia. L'autore è padre Gregor Pawloski, il cui nome originale è Jakub Zvi Hersz Griner. In questo nuovo volume, scritto interamente in versi, padre Gregor racconta della sua vita, del suo lavoro, delle persone che ha incontrato e delle comunità di lingua ebraica in Israele, che ha servito fedelmente negli ultimi 42 anni. L'introduzione al libro è scritta da Sua Eccellenza il Vescovo Miecyslaw Cislo ed il libro è presentato dall'esegeta polacco, padre Miroslaw Wrobel.

All'inizio del libro, padre Gregor esprime la sua gratitudine a tutti coloro che ha incontrato, che lo hanno aiutato lungo il suo percorso, dalla famigli ebraica in Polonia prima della guerra, attraverso gli anni di fuga e paura durante la Shoah, in seguito in Polonia come seminarista e giovane prete ed infine in Israele.

Alcuni capitoli sono dedicati alla vita in Polonia. Il libro si concentra sul periodo dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando, da ragazzo, perse l'intera famiglia nella Shoah. Un capitolo onora le suore nel cui convento venne allevato come orfano. La Polonia è un punto di riferimento importante attraverso il libro e padre Gregor si riferisce a diverse delle grandi personalità della Chiesa cattolica locale, inclusi il Papa Giovanni Paolo II e l'amato Arcivescovo di Lublino Joseph Zycinski.

Nonostante ciò il libro si concentra principalmente sulla vita di padre Gregor in Israele. Diversi capitoli descrivono la sua opera pastorale, la preparazione dei bambini ai sacramenti, le confessioni, i funerali, la cappellania in case religiose e tra i lavoratori stranieri polacchi e la continua ricerca per la pecorella smarrita. Il grande amore di padre Gregor per i poveri, gli emarginati ed i disabili è evidente attraverso il libro, dove racconta diverse storie di persone che ha incontrato, ha servito ed ha amato. Ugualmente il libro si concentra su differenti aspetti del dialogo ebraico-cristiano e della ricerca di una via di riconciliazione.

Diveri capitoli sono consacrati alla comunità cattolica di lingua ebraica in Israele. Ci sono capitoli su diversi pionieri della comunità: i padri Bruno Hussar, Alfred Delmée, Yohanan Elihai ma anche di figure più giovani e contemporanee nelle comunità, come i padri David Neuhaus, Roman Kaminski ed i francescani con cui padre Gregor ha lavorato a Giaffa, in particolare i padri Narcyz e Apolinary. Ci sono anche dei capitoli sul Cardinal Jean-Marie Lustiger e padre Romuald Yakub Weksler-Waskinel.

Il libro è illustrato con diverse fotografie.

Mazal tov, padre Gregor! Ora devi tradurre il libro in ebraico per noi!

Dall'epilogo del libro:

"Nel 1970, lascia la Polonia con lacrime nei miei occhi. Quando rivedrò la mia patria nuovamente? Quando vedrò la sua capitale spirituale che è Czestochowa? Andavo verso Israele con pace nel mio cuore, lasciando tutto alla volontà di Dio.

Ero certo di avere un compito nella Chiesa. Nel "documento di viaggio" che serviva come carta d'identità era scritto "ebreo". Non ero più considerato un cittadino polacco da quando ero partito per rimanere permanentemente in Israele. Arrivai a Tel Aviv indossando il collare da prete e questo sembrava enigmatico. La autorità israeliane scrissero "polacco" al paragrafo "nazionalità", perché un prete ebreo era qualcosa di strano. Più tardi avrei lottato contro di ciò, poiché il battesimo non mi ha reso polacco e la circoncisione è un segno di identità ebraica per tutta la vita. In fine, per evitare difficoltà legali, scrissero semplicemente un trattino, che significa "senza nazionalità". Questo è un sintomo di una certa insensibilità- una madre non rinnegherebbe mai il proprio figlio. In effetti io sono legato ad entrambi i popoli, quello polacco e quello ebraico. Sono sopravvissuto alla Shoah, per un miracolo, grazie ai polacchi. Per lungo tempo sono stato un prete cattolico. Proprio come prima, in Polonia, così ora, in Israele io vivo la vita di sacerdote.

Nonostante il disappunto provato, non nutro rancore contro il mio popolo. Non mi dissocio dalla mia famiglia, non taglio le mie origini – questo non cambierebbe la realtà: sono ebreo, perché sono nato da una madre ebrea, e questo per gli ebrei religiosi rimane un mistero sacro. Non sono diviso, ma piuttosto arricchito. Sono veramente ebre e veramente polacco, anche se segnato con un segno ebraico. La Polonia ed Israele sono le mie due patrie, che hanno molto in comune. La Polonia crede in Cristo il Salvatore, che è una parte della stora della Terra Santa e degli ebrei.

Una cosa mi conforta. Ho la benedizione di Cristo, Elia e Mosè. La loro relazione è stata confermata sul monte Tabor. Gesù è ebreo – nessuno contesta la sua identità ebraica. Su di me il sistema legislativo israeliano ha dei dubbi. Non sono più cristiano di Cristo stesso, così metto da parte i dubbi. Un ebreo ed un polacco nella stessa persona – ho in me questa ricchezza".

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