Serata in onore di Amos Oz e del suo nuovo libro


Il 26 Marzo 2015, e’ stata organizzata una serata in onore dell’autore Amos Oz e del suo nuovo libro “Il Vangelo secondo Giuda”, nella Casa degli Scrittori di Tel Aviv, sede dell’Associazione degli Scrittori Ebrei. Padre David e’ stato invitato a parlare in questa occasione e noi pubblichiamo qui di seguito il suo discorso.

oz judas

Non sono ne’ uno scrittore ne’ un critico letterario. E’ piuttosto imbarazzante stare qui davanti a voi ma colgo l’occasione per ringraziare Amos Oz per il suo nuovo libro. Ho gustato ogni momento mentre lo leggevo. Parlo dalle estremita’ – sacerdote cattolico israeliano – e ho trascorso molto tempo a riflettere su quale tema dovrei parlare questa sera tra i tanti che sono emersi durante la lettura del libro. Per l’importanza delle relazioni tra Ebrei e Cristiani, in contrasto con le relazioni tra Israeliani e Palestinesi, ho deciso che mi sarei concentrato su quanto ora vi esporro’.

Gershom Wad, un personaggio centrale del libro, parla piu’ volte delle relazioni tra Ebrei e Cristiani. Ascoltiamo le sue parole in una delle sue prime conversazioni con Shmuel Asch: “Dopo tutto, non tutti possono semplicemente alzarsi al mattino, lavarsi i denti, bere una tazza di caffe’ e uccidere Dio! Per uccidere Dio, l’assassino deve essere piu’ forte di dio e anche piu’ malizioso e maligno, quasi senza limiti. Gesu’ di Nazareth, una divinita’ cordiale che irradia amore, chiunque lo avesse ucciso deve essere stato piu’ forte di lui oltre che astuto e spregevole. Gli assassini di Dio sono tali solo a condizione di essere dotati di poteri bestiali di forza e del male. Gli Ebrei sono proprio cosi’ alla base della immaginazione di chi ha una certa antipatia verso gli ebrei. Noi siamo un po’ tutti “Giuda Iscariota” (p. 46). Verso la fine del libro, Wad continua con lo stesso tono e spiega a Shmuel: “Il conflitto tra noi e gli arabi musulmani non e’ altro che un episodio fugace della storia, un breve e casuale momento ... Tra cinquanta, cento o duecento anni nessuno lo ricordera’ piu’. Ma cio’ che c’e’ tra noi e i cristiani e’ una questione profonda e oscura e molto probabilmente durera’ per altre cento generazioni. Fino a che le mamme continueranno ad insegnare ai loro bambini con il loro latte materno che ci sono ancora creature che uccidono Dio, o discendenti degli assassini di Dio, non avremo riposo” (pp. 257-258).

Una storia triste e dolorosa! E, oggi, posso gridare insieme agli ultimi sei Papi che e’ davvero triste e tragica. Posso leggere le righe che Oz ha scritto senza cercare di difendere me stesso e la mia Chiesa. Piuttosto posso venire in tutta umilta’ e chiedere perdono per il tradimento ... ammettendo il terribile tradimento da parte dei cristiani del Vangelo dell’amore predicato da un Ebreo di Nazareth. Come possiamo dimenticare il debito di gratitudine verso un popolo che ci ha dato Gesu’, per le Sacre Scritture che sono diventate il nostro patrimonio comune. Quest’anno, si celebra l’anno giubilare, 50 anni dalla pubblicazione di un documento che ha cambiato la faccia della Chiesa. L’anno della narrazione di Oz e’ il 1959. Da nessuna parte e’ menzionato nel libro che questo e’ stato il secondo anno di pontificato di Papa Giovanni XXIII, conosciuto come il “Papa buono” da molti suoi ammiratori tra cui anche molti ebrei. Durante gli anni bui della Shoah, ha salvato migliaia di ebrei. Nel 1962, ha convocato un raduno universale di tutti i capi della Chiesa che e’ durato per tre anni. Prima di questo Concilio, si e’ incontrato con lo storico ebreo francese di grande fama, Jules Isaac, e gli chiese che cosa un ebreo come lui, sopravvissuto alla Shoah, si aspettasse da un Concilio universale della Chiesa cattolica. Isaac presento’ al Papa la sua ricerca sull’antisemitismo e antigiudaismo i quali erano all’ordine del giorno prima della Seconda Guerra Mondiale. Il Papa prese su di se’ il compito di cambiare il modo in cui la Chiesa parlava degli ebrei. Uno dei documenti piu’ significativi che e’ stato pubblicato nel 1965, al termine del Concilio, e’ stato Nostra Aetate (Il Nostro Tempo), che stabili’ che era inammissibile incolpare gli ebrei di ogni generazione per la crocifissione di Gesu’ di Nazareth, ma piuttosto e’ un obbligo ricordare l’identita’ ebraica di Gesu’, dei suoi discepoli e della Chiesa primitiva. Allo stesso modo, non si puo’ dimenticare il patrimonio comune della Chiesa e del popolo ebraico nelle Sacre Scritture del Vecchio Testamento. Inoltre, nell’attesa della venuta del Messia (la prima o la seconda venuta?), i Cristiani e gli Ebrei dovrebbero lavorare insieme per porre rimedio a questo mondo in rovina. C’e’ una bellissima preghiera, attribuita a Papa Giovanni XXIII, che vorrei leggere, per illustrare il drastico cambiamento nel discorso:

O Dio, noi siamo coscienti
del fatto che molti secoli di cecita’
hanno offuscato i nostri occhi
in modo che non possiamo vedere piu’ la bellezza
del tuo popolo eletto.

Nel corso dei secoli
i nostri fratelli e sorelle ebrei
sono rimasti a giacere nel sangue che noi abbiamo fatto scorrere
o causato dimenticando il tuo amore.

Perdonaci per la maledizione che
noi abbiamo falsamente attribuito
al loro nome di ebrei.
Perdonaci
per averti crocifisso una seconda volta
nella loro carne.

Perche’ non sapevamo quello che facevamo. Amen.

Non posso non meditare su quello che potrebbe essere la connessione tra l’enorme rivoluzione nel discorso e l’atteggiamento della Chiesa nei confronti degli ebrei che ha avuto luogo nella seconda meta’ del 20° secolo e le relazioni tra israeliani e palestinesi, molto presenti nel romanzo di Oz e nel suo pensiero. Il legame tra i due sistemi di relazioni e’ di vitale importanza per il nostro futuro qui. Possiamo, come israeliani, ascoltare un po’ piu’ da vicino la voce di Shealtiel Abarbanel, che in tutto il libro esce dalla tomba. Cito qui Atalia, che fa memoria di suo padre: “Le sue numerose conversazioni con i suoi amici arabi lo hanno portato alla realizzazione che c’e’, in realta’, abbastanza spazio per due comunita’ e che sarebbe meglio che coesistano senza la struttura di uno stato. Per esistere come comunita’ mista o come l’integrazione di due comunita’ senza minacciare il futuro di nessuno. Forse avete ragione voi. Forse tutti voi avete ragione. Forse, lui era davvero una persona ingenua. Forse e’ stato meglio che quello che e’ successo e’ cio’ che avete fatto qui, decine di migliaia sono andati al massacro e centinaia di migliaia sono andati in esilio ... due popoli consumati dall’odio e avvelenati ed entrambi escono dalla guerra pieni di vendetta e di auto-giustizia. Interi fiumi di vendetta e di auto-giustizia. E a causa di un eccesso di giustizia, il paese e’ disseminato di cimiteri e di rovine di centinaia di villaggi poveri che una volta esistevano, e che ora sono cancellati e non sono piu’” (p. 193). Sappiamo ascoltare, interiorizzare e cambiare il nostro discorso attraverso la comprensione del dolore ... Il tradimento non e’ solo degli arabi che hanno perso la loro patria, ma anche della storia di un popolo che ha sofferto per lunghi anni e che rischia di mettersi in pericolo con la tentazione del potere e del controllo.

Come sacerdote e credente, medito sul tradimento per pentirmi e rinnovare la mia fiducia e la mia fede. Forse, anch’io sono ingenuo come Shealtiel Abarbanel e come il “Giuda” di Oz. Credo che la via della fede non e’ ingenuita’, ma piuttosto la resistenza e la pazienza di aspettare il terzo giorno e di sperimentare la risurrezione, l’atto di un Dio fedele alle sue promesse. Grazie, Amos Oz, per questo libro che mi sfida e sfida la mia fede e mi obbliga a meditare sui miei tradimenti.

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