Ziv: Parashat Beshalat


Ogni settimana, Gad Barnea or Suor Agnese della Croce (della Comunita’ delle Beatitudini) propone una riflessione sul testo del Pentateuco che si legge nella Sinagoga (parashat hashavua). Questa settimana il testo e’ preso dal libro dell’Esodo 13,17-17,16 con la haftarah (lettura aggiunta) dal Libro dei Giudici 4,4-5,31. La riflessione e’ chiamata “ziv”, un raggio di luce.

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Cantate al Signore, perché ha mirabilmente trionfato

Nelle nostre riflessioni precedenti sull’inizio del libro dell’Esodo, abbiamo mostrato come l’elezione di Mose’ e l’esodo del popolo di Israele dall’Egitto sono intrinsecamente legati al racconto della creazione del mondo e dell’uomo. Allo stesso tempo, il popolo d’Egitto e’ passato attraverso un processo del tutto opposto: un genere di “non-creazione”, con le dieci piaghe che descrivono un ordine che e’ esattamente l’opposto di quello della creazione. Nel racconto della Genesi c’e’ un movimento successivo discendente dall’alto al basso (dal cielo alla terra), mentre le piaghe seguono un ordine di crescente corruzione che inizia con la putrefazione del fiume Nilo a causa del sangue, della superficie della terra, quella dei corpi degli uomini e delle bestie, dei cieli e anche delle tenebre che non sono altro privazione di luce, e che termina con la morte dei pirmogeniti – la corruzione dell’ordine della vita. Tutto cio’ raggiunge un apice nella nostra parasha con l’evento dell’Esodo stesso.

In tutto il racconto della storia del popolo di Israele in Egitto, la donna – l’ultimo atto della creazione (Genesi 2,22) – gioca un ruolo decisivo anche se posto in secondo piano. Iochebed, la madre di Mose’ e figlia di Levi ( Esodo 2,1), e’ un “tipo” di Eva, che partorisce Mose’ alla stessa eta’ in cui quest’ultima ha dato alla luce suo figlio Set (secondo la tradizione all’eta’ di 130 anni). Ci sono le due levatrici, Sifra e Pua (Esodo 1,15), che salvano i neonati del popolo. C’e’ Serach, la misteriosa figlia di Aser, che arriva in Egitto con Giacobbe (Genesi 46,17) e lascia l’Egitto con Mose’ – ad una eta’ di almeno 210 anni – alla quale la tradizione attribuisce molte storie di intercessione. Infine, c’e’ Miriam, sorella di Mose’, che ha salvato la sua vita e quella di tutto il popolo grazie alla sua fedelta’. Ed e’ proprio Miriam che, nella nostra parasha, essendo una profetessa (Esodo 15,20), esprime la profonda gioia della nuova creazione quando, prendendo “un tamburello nelle sue mani”, conduce le donne di Israele danzando e cantando che “il Signore ... ha mirabilmente trionfato”.

Infine, la nostra parasha ci presenta – per la prima volta – l’istituzione del Sabato: “E’ appunto cio’ che ha detto il Signore: Domani e’ sabato, riposo assoluto consacrato al Signore. Cio’ che avete da cuocere, cuocetelo; cio’ che avete da bollire, bollitelo; quanto avanza, tenetelo in serbo fino a domani mattina” (Esodo 16,23). Infatti, e’ con il sabato che la nuova creazione si conclude – proprio come la prima. Il popolo di Israele, chiamato “eserciti” (o “schiere”) per la prima volta (Esodo 12,51) e’ paragonato alle schiere di Dio: “Cosi’ furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere. Allora Dio nel settimo giorno porto’ a termine il lavoro che aveva fatto e cesso’ nel settimo giorno da ogni suo lavoro. Dio benedisse il settimo giorno e lo consacro’, perche’ in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli creando aveva fatto” (Genesi 2,1-3). Ma questo sabato non deve durare a lungo – il popolo ora iniziera’ un periodo di quarant’anni di corruzione che si concludera’ con la morte di quasi tutti gli Israeliti che uscirono dall’Egitto. Questa nuova creazione, dunque, nata con l’uscita dall’Egitto, non e’ che un assaggio della creazione finale che verra’. Shabbat Shalom.

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