25 anni dalla morte di padre Alfred Delmée


25 anni fa, il 26 ottobre 1985, l’amato pastore della comunità di Giaffa, padre Alfred Delmée, morì in un incidente automobilistico. Il 30 ottobre alle 18,30 sarà celebrata una Messa in sua memoria presso la comunità di Giaffa. Pubblichiamo qui l’articolo scritto da padre Gregor Pawlowski e che apparve su “Mikhtav” (numero 15), la rivista delle qehillot a quel tempo.

Alfred Delmée nacque il 5 ottobre 1925 a Bruxelles in Belgio. Ricevette nell’infanzia un’educazione religiosa, che includeva la partecipazione alla Messa quotidiana e il mettersi in ginocchio per pregare tutte le sere con la famiglia. A scuola era uno scolaro eccezionale e concluse la sua educazione primaria in sei anni, in vece degli abituali otto. Una volta terminata la scuola primaria, preseguì gli studi presso la scuola Saint Stanislaus a Bruxelles. Già in quella giovane età dedicò il suo cuore a quelli che lo circondavano e partecipò alle attività di un gruppo che faceva visita e si prendeva cura degli anziani. Convinse anche la madre e la sorella a parteciparvi. Rivelò la sua bontà di cuore anche come scout: in uno delle sue prime uscite durante un inverno particolarmente freddo, portò un bambino piccolo ed esausto sulle sue spalle, mentre lui stesso era ferito ad una gamba.

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Alfred Delmée aveva uno zio di nome Abel, che desiderava diventare sacerdote, ma che fu ucciso durante la guerra nel 1915 all’età di 25 anni. Questo evento ebbe una particolare influenza su Alfred Delmée e così, nel 1943, completati gli studi superiori, entrò nel seminario di Malins. I suoi genitori fuorono felici di questa sua decisione. Completò gli studi di filosofia nel 1946 e fu mandato a Roma per gli studi di teologia. In Roma, Alfred Delmée conobbe un sacerdote polacco di nome Karol Wojtyla, che studiava all’Angelicum. In quel tempo, il collegio per gli studenti polacchi non era ancora aperto. Il Cardinale di Cracovia aveva chiesto che gli studenti polacchi fossero accettati al collegio belga. Così Karol Wojtyla e Stanislaus Strowjeski giunsero al collegio belga. Nell’estate gli studenti belgi tornavano a casa, ma i polacchi non potevano. Durante le vacanze del 1947, Karol Wojtyla ed il suo amico trascorsero il loro tempo in Belgio. Arrivarono a Bruxelles e furono ospitati a casa di Alfred Delmée. Alfred fu ordinato nel 1947 a Roma, nella chiesa di San Giovanni in Laterano. Successivamente proseguì i suoi studi in teologia e diritto canonico.

Durante i suoi studi, nel 1951, Alfred Delmée ed il suo amico giunsero come pellegrini in Terra Santa, attraverso l’Egitto. Questo pellegrinaggio lo influenzò profondamente. Nel 1952, Alfred concluse gli studi all’Università Gregoriana e ricevette il dottorato in teologia e diritto canonico. Nel 1953 il suo Arcivescovo lo nominò come uno dei suoi segretari. Alfred Delmée non ricevette con gioia questa nomina. Si espresse con queste parole ad uno dei suoi amici: “In questo lavoro sarò un uomo di carte e lettere ufficiali. Io preferisco un lavoro in una comunità parrocchiale”.

Nel 1958 padre Bruno Hussar era responsabile per la comunità cattolica di lingua ebraica a Giaffa. Lui disse al suo amico, fratel Yohanan Elihai: “Ho ricevuto l’autorizzazione dal mio responsabile di iniziare i preparativi per l’inaugurazione di un centro domenicano di studi ebraici a Gerusalemme (che sarebbe poi diventata la Casa d’Isaia). Ho bisogno di trovare rapidamente un sostituto.” Qui avvenne una serie di coincidenze (e chi sa che non per intervento divino): una settimana dopo Yohanan ricevette una lettera da Alfred Delmée che diceva: “L’ho incontrata sette anni fa’ in Francia, ed ora, ho deciso di venire a vivere in Israele. Sarebbe possibile?”  Immediatamente, ricevuta la risposta da Yohanan, Alfred iniziò a prepararsi per lasciare il Belgio. Il suo direttore spirituale gli chiese il perché di questa sua scelta. La sua risposta fu: “Ci sono certe cose che “devono” essere fatte, cioè ci sono persone che hanno un’idea straordinaria, che agli occhi di altri può sembrare strana, ma a cui loro consacrano la loro vita. In questi casi, uno può dire che si tratta di una speciale vocazione da Dio”.

Diverse difficoltà si posero sul cammino di Alfred Delmée, ma, in seguito all’impegno specoale di padre Bruno Hussar, ricevette il permesso dall’Arcivescovo di Bruxelles di lavorare in Israele. Il 14 ottobre 1958 giunse a bordo di una nave nel porto di Giaffa insieme con fra’ Yohanan e Helen. Helen non fu abbastanza fortunata da poter parlare molto con Alfred Delmée, poiché questo dedicò l’intero viaggio a studiare l’ebraico con Yohanan. Quando giunsero al porto, Bruno li stava attendendo per portarli a Giaffa. Dall’inizio e per tutto il 1969, Alfred Delmée visse con i Frati De La Salle (che avevano a Giaffa una scuola). Mangiava con loro e celebrava la Messa quotidiana. Immediatamente dopo il suo arrivo iniziò a studiare l’ebraico presso l’ulpan Meir di Tel Aviv. Sophy Grunberg ricorderò più tardi: “Indossava una tonaca nera in inverno e bianca d’estate ed andava così vestito all’ulpan. I giornali scrissero su di lui e le sue foto all’ulpan furono pubblicate. All’inizio andava in bicicletta e poi con uno scooter. Alfred imparò l’ebraico rapidamente e subito dopo l’ulpan insegnò ad insegnare religione ai bambini cristiani nella scuola dei Frati”. In quei giorni c’erano diversi bambini cristiani alla scuola provenienti dalla Polonia o da copie miste ebraico-cristiane. Alfred celebrava la Messa per questi bambini in ebraico e sempre teneva l’omelia in ebraico. Fu nominato responsabile della comunità di lingua ebraica di Giaffa. Alcuni giovani con i loro genitori venivano alla Messa presso l’associazione, nominata San Simeone, e anche alcune singole persone. Alla Messa domenicale c’erano normalmente 25 persone e a Natale circa 60. Dopo Messa i partecipanti si fermavano a mangiare. Per un certo periodo i giovani si incontrarono per una festa di ballo una volta alla settimana. C’era un giradischi ed avevano anche preparato un ricevimento. Durante la festa Alfred Delmée stava nella sua camera, da cui usciva dopo le 22,00, quando la festa terminava, per rispondere alle domande dei giovani su vati temi: religione, morale, problemi quotidiani...

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Nel dicembre 1965 l’Arcivescovo di Cracovia, Karol Wojtyla, venne in visita a Giaffa. Stette con Frati e visitò l’associazione. Alfred Delmée gli parlò del lavoro nella Chiesa di lingua ebraica. Nel 1966 Alfred ricambiò la visita ed andò a trovare il vescovo Wojtyla a Cracovia. Girò la città nella macchina del vescovo e visitò il campo di concentramento di Auschwitz. In occasione delle feste, si scrivevano biglietti di auguri.

Ho avuto la fortuna di conoscere padre Delmée molto bene. Immigrai in Israele nel 1970. Alfred Delmée, insieme con padre Daniel Rufeisen, venne ad accogliermi all’aeroporto. Un sabato volevo visitare dei parenti a Bat Yam. Quando lo chiesi, Alfred Delmée venne a prendermi e celebrammo la Messa a Giaffa. Gli parlavo in un povero francese con un accento polacco. Gli raccontai delle pressioni che la mia famiglia esercitava su di me per il problema della religione e che stavo cercando di trovare lavoro. Immediatamente offrì: “Vieni a stare con me, sono solo e non voglio essere solo.” Mi accolse nella sua casa, organizzò per me lo studio presso un ulpan e mise in ordine la mia assicurazione medica. Una volta, di ritorno da una visita in Belgio, mi portò una somma di denaro per uno scooter. Più tardi, parlò con il superiore del monastero vicino alla chiesa di San Pietro, sulla riva del mare a Giaffa, fra’ Pedro Bon, e poi mi disse: “Puoi lavorare qui”. Chiese anche che il superiore mi mettesse a disposizione una stanza che potesse diventare un’associazione. Vissi con lui otto anni. Mi aiutò in ogni cosa. Ho imparato da lui come essere pastore in Israele.

Alfred Delmée amava collaborare con altri nel lavoro pastorale delle comunità. Per questo lavorò con Sophy Grunberg, poi con Hannah Aschkenazi e Yehudit Dror e dal 1969 lavorò con suor Miriam Nothmann. Suor Miriam ricorda: “Era un vero pastore, cioè un uomo che era davvero interessato agli altri e alle loro condizioni, come si sentissero e comprendessero i loro bisogni, come esprimessero quello che cercavano o cosa era buono per loro… Qunado riceveva la comunicazione che un cristiano si trovava da qualche parte, lui andava a visitarlo. Uno dei suoi principi era che se uno non voleva avere contatti con il cristianesimo, non lo avrebbe visitato di nuovo. Alfred visitò numerose persone. C’erano quelli malati, soli, che ricevevano regolarmente la visita ogni tre giorni, poiché sapeva che lo aspettavano. Quando visitava qualcuno si segnava quando gli avrebbe fatto la prossima visita. Alcune volte celebrava la Messa a casa di persone anziane o malate. Credeva che parte del suo lavoro fosse aiutare le persone in maniera concreta. Per questo alcune volte andava a fare la spesa per gli anziani e malati e organizzava varie cose per loro. Alfred leggeva molto, sapeva molto, pensava molto ed aveva molto da offrire. Il suo approccio alle persone era molto positivo. Aveva intuizione; a volte si poteva stupire che una persona arrivava proprio nel momento in cui pensava ad essa. Segnava in un blocco i compleanni di tutti i membri. Segnava anche le date di morte e nella domenica più vicina alla data li menzionava nelle preghiere. Ognuno sentiva che era qualcuno veramente coinvolto nella sua propria vita…Se qualcuno partiva per un viaggio, lasciava la comunità o non veniva, sempre aveva una forte reazione di fede: questa è l’opera di Dio, non la nostra opera. Dio sa, Dio agisce e Dio vuole, e lui era capace di vedere ogni giorno cosa volesse Dio. Alcuni membri della sua famiglia a volte venivano nel Paese. Quando aveva tempo li portava a visitare, ma prima di ogni cosa li portava alla comunità, prima di tutto le persone. Non c’era questione su questo e tutti lo sapevano e capivano.”

Nel 1971 i genitori di Alfred Delmée vennero in visita nel periodo di Pasqua. Lo aiutai a portare sua madre su una sedia, era già debole, fino all’associazione. Jean-Marie, il fratello di Alfred, disse più tardi che la madre di Alfred gli scrisse poi: “Durante quei cinque giorni ho pensato spesso a tuo zio Abel, il cui sogno tu hai realizzato – di dedicarsi a Dio ed agli altri”. Alfred era in Belgio quando sua madre, malata di cancro, stava morendo. La sua presenza al suo fianco fu una consolazione. Era con la sua famiglia quando chiuse gli occhi per l’ultima volta. Al suo funerale presiedette la liturgia con molti altri sacerdoti, ma non predicò. I suoi famigliari volevano riservare dei terreni vicino alla tomba della madre, ma Alfred si rifiutò di aderire alla loro intenzione: la sua famiglia comprese che non voleva essere sepolto in terra belga. Alfred apparteneva ancora alla diocesi di Bruxelles. Nelle sue molte lettere alla famiglia era sempre discreto sul suo lavoro. Ogni anno, durante le vacanze estive, andava in Belgio per rilassarsi. Aveva sempre una lista di cose da fare per gli altri, e molti erano quelli che gli chiedevano di prendersi cura di qualcosa. Visitava la famiglia e trovava sempre il tempo di far visita agli amici.

Nel 1974 nella chiesa di San Pietro a Giaffa, celebrammo il suo venticinquesimo anniversario dell’ordinazione sacerdotale. Al termine della Messa, che fu celebrata in ebraico con molti presenti, Alfred si rivolse ai fedeli in polacco: “Cari fedeli, vi ringrazio dal più profondo del mio cuore per la vostra partecipazione. Per venticinque anni Dio e gli uomini mi hanno dato molto”.

Il 22 ottobre 1978, il suo amico, cardinal Karol Wojtyla, fu eletto Papa. Alfred chiamò la sua famiglia in Belgio per esprimere la sua gioia. Sapeva che dopo la morte di Paolo VI e Giovanni Paolo I il suo amico aveva buone possibilità di essere eletto. All’inizio dell’aprile 1979, Papa Giovanni Paolo II invitò tutti gli amici che avevano studiato con lui a Roma. Alfred decise, dopo una certa esitazione, di accettare l’invito e di recarsi a Roma ad incontrare il Papa. Passarono tre giorni in Vaticano, mangiarono con il Papa, conversarono con lui e godettero il tempo trascorso insieme. Il giornale “Osservatore Romano” pubblicò un articolo con una foto dei presenti all’incontro. Il Papa rimase a Roma ed Alfred tornò a Giaffa per proseguire il suo lavoro.

Molto potrebbe essere scritto sulle sue lezioni a casa della signora Clothilde (Matthys, fondatrice di un gruppo per il dialogo ebraico-cristiano a Tel Aviv), e agli incontri delle comunità cattoliche di lingua ebraica, sul suo lavoro ecumenico con i protestanti, sul suo volontariato durante la guerra del Kippur, quando portava bambini all’asilo o portava con la sua macchina i soldati nel luogo dove dovevano andare, e molto altro. Ogni persona che lo conobbe può testimoniare su diverse cose che probabilmente non sappiamo. Il dott. Meir Mendes, presidente dell’Associazione per la comprensione interreligiosa a Tel Aviv, disse: “Spesso lo chiamavo al telefono per chiedere chiarimenti su dati di cui avevo bisogno per le mie ricerche e specialmente per avere informazioni, fatti ed immagini sul mondo cristiano in ogni luogo e qui in Israele. Padre Delmée era veramente informato su questi temi e ogni volta ricevevo una risposta perfetta e gli sono debitore di questo suo aiuto. C’è un altro campo in cui mi ha aiutato ed in cui a collaborato con me: nel contesto dei corsi che tenevo all’Università di Tel Aviv e Bar Ilan, era importante portare gli studenti nelle chiese e nelle istituzioni cristiane a Giaffa. Padre Delmée era la persona giusta per questo lavoro. Era emotivamente attaccato ad Israele. Ogni volta preparava la visita sino ai minimi dettagli e organizzava che i capi delle chiese ci attendessero e poi ci dava le spiegazioni in un ebraico fluente e sapeva veramente spiegare. Conosceva anche la storia e l’archeologia di Giaffa.”

Il 26 ottobre 1985, nel pomeriggio, Alfred Delmée stava tornando da una visita a Gerusalemme con suor Miriam Nothmann, sua madre ed il suo piccolo cane. Vicino a Tel Aviv la macchina uscì di strada. Alfred morì all’età di 60 anni ed anche la madre di suor Miriam morì. Il nostro problema fu: come dire alla famiglia della sua morte nell’incidente. Decidemmo di far arrivare la notizia attraverso un conoscente in Belgio. Yohanan chiamò la famiglia Miller. Henriette, la sorella di Alfred, disse successivamente: “Il 26 ottobre alle 21,00 la signora Miller chiamò e chiese il numero di telefono di mio fratello. Chiesi se aveva qualcosa a che fare con Alfred. Lei confermò e disse che Alfred era morto. Mio padre era nella stanza accanto e guardava la televisione. Chiamai mio fratello e gli dissi di venire, che era un’emergenza. Venne immediatamente, pensato fosse successo qualcosa a mio padre. Gli dissi dell’incidente e poi chiamò qualcun altro. Mio fratello disse di non dare subito la notizia a mio padre, ma di aspettare un’altra chiamata per essere sicuri. Durante la notte non potei dormire. Ogni giorno andavo alla Messa alle 11,00. Quel giorno dissi a mio padre: non ho dormito tutta la notte così vado in chiesa per la Messa delle 8,00. Mio fratello Jean-Marie arrivò dopo le 10,00 e disse: ho ricevuto una telefonata da Ein Karem, è vero. Poi dicemmo a mio padre che avevamo qualcosa da comunicargli. Ci sedemmo al suo fianco e gli dicemmo che Alfred era morto. Coprì la sua faccia con le mani. Jean-Marie andò al funerale ed io restai con mio padre”.

Il vescovo Kaldany (vicario patriarcale per Israele), numerosi sacerdoti, suore e frati, membri della comunità rimasta orfana e fedeli da ogni luogo del Paese parteciparono al funerale. La chiesa era piena di coloro che erano venuti ad onorare padre Alfred Delmée, tra loro protestanti, arabi ed ebrei. La presenza di così tante persone mostrò quanto era amato. Dopo il funerale mi recai all’ospedale Wolfson insieme con il Vescovo Kaldany ed alcuni altri per portare a suor Miriam (in ospedale in gravi condizioni dopo l’incidente) la comunione dalla Messa del funerale.

Il 2 novembre fu celebrate una Messa a Bruxelles per padre Delmée. Parteciparono a questa Messa i preti che erano stati ordinati con lui. Sacerdoti, uomini e donne religiosi e una grande assemblea si riunì in chiesa. La Suore di Sion cantarono alcuni canti in ebraico. Nella sua omelia, padre Sherbock disse di Alfred: “…era un uomo colto, veramente educato ed aveva tempo per le piccole cose nella vita…proprio come Dio che ama ogni persona. Per gli ebrei si fece ebreo (1 Cor 9,20). Vide Gesù al centro della tradizione spirituale ebraica…lui sapeva che a causa di Gesù dobbiamo rispettare l’ebraismo e lui stesso era un testimone vivente di un cristianesimo che si è curato dall’ostilità verso il popolo ebraico”.

La notizia della morte di Alfred Delmée giunse anche al suo amico, il Papa dalla bocca di padre Marcel Dubois, che gli disse durante un incontro a Roma che Alfred era rimasto ucciso in un incidente stradale. Il Papa fece un passo indietro, chiuse gli occhi, affondò nei pensieri e poi disse: “Riposi in pace”. Attraverso la Nunziatura a Bruxelles fu inviata una lettera al Papa per dirgli cosa era successo. Due settimane dopo, il padre di Alfred ricevette una lettera dal Vaticano, in cui era scritto che il Papa si era molto commosso quando aveva sentito della notizia della morte del suo amico. Il Papa disse che Alfred era sempre stato un servo fedele della Chiesa.

Concludo con una storia raccontata da suor Miriam Nothmann: “Ad Ashkelon c’erano due sorelle anziane. Una volta Alfred le portò a Gerusalemme. Una di loro la prese sulle spalle per farle visitare i luoghi santi”. Quest’immagine è un flashback del passato di Alfred, quando come scout portò il bambino sulle sue spalle. Vediamo in questo un’immagine del Buon Pastore che prende con gioia la pecorella sulle sue spalle (Lc 15,5)

Leggi un breve ritratto biografico di padre Alfred Delmée

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