La pazienza di Simeone


Benedetto, seminarista del Vicariato, condivide un suo pensiero sulla virtù della pazienza e la figura di San Simeone.

simeon patience

Sono tante le occasioni nella vita in cui ci scontriamo con un processo interiore che, iniziato chissà quando, è ancora in atto. Avvertiamo in noi che qualcosa è in movimento e, non vedendo con chiarezza verso dove stiamo andando, e soprattutto cosa questo movimento si lascerà dietro, proviamo istintivamente una sentimento di fastidio, di disturbo. Vorremmo che terminasse presto, che si concludesse rapidamente, e che fossimo già nello stadio successivo, qualunque esso sia.

Non è così purtroppo che funziona quando ci sono in gioco i processi evolutivi e quando si cresce e si matura. La prima regola che ci tocca imparare, al prezzo di qualche sofferenza, è di saper accettare la dura legge del tempo, e la pazienza. Bisogna accettare con serenità di dover restare nelle acque in ebollizione del nostro brodo, senza pretendere di anticiparne i tempi di cottura…
“La pazienza è la virtù dei forti”, si diceva. La pazienza è la virtù di chi cerca la virtù, aggiungerei.

Soltanto chi sa accettare di non avere sempre tutte le risposte in tasca ogni momento, così come il controllo pieno della propria vita, e che saprà attendere il sole ri-sorgere dietro le colline starà vivendo in pienezza anche quei momenti dolorosi dello smarrimento di sé, talvolta necessari nelle fasi di transizione. “Chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà” (Mt 16,25).

Nei momenti cruciali della nostra vita, quando ci troviamo al bivio di una decisione, vorremmo poterci vedere più chiaro. Subito. E perdiamo calma e fiducia, poiché la nebbia non accenna a diradarsi.

In uno di questi momenti mi trovavo a Betania, sul Monte degli Ulivi, dove anche Gesù andava a riposare dai suoi amici Marta, Maria e Lazzaro. Dopo un colloquio spirituale con un sacerdote amico mi ritrovai con queste parole:

Riposare.
Come seme nudo
deposto nella fredda terra
resto, nel tempo dell’autunno
e dell’inverno, paziente.
Intanto attendo,
schiudendomi leggero,
fiducioso.

Riposare.
Questo l’invito della mia vita qui e ora:
restare e riposare.
Tempo verrà di discorsi impegnativi,
e di azione, e di dolore.
Ciò che occorre in questo adesso
è restare.
Accettare l’eco rimbombante del silenzio
e il lento passo del presente.

Restare nella tormentosa quiete
dell’eterno divenire
nell’immobilità della mia azione.
Restare, umilmente
accettando il ruolo marginale
di chi dal tempo si lascia plasmare.
Restare, rimanere.
Questo oggi il mio programma.
E riposare.

Un vero maestro nell’arte di questa attesa è una figura affascinante a cavallo tra i due testamenti biblici. Il vecchio Simeone, che per la durata dei suoi giorni ha saputo coltivare la virtù della speranza. Nella fede che lo Spirito è verità, ha creduto alla promessa e atteso con fiducia il suo compimento: vedere con i suoi occhi il Cristo Salvatore (cf. Lc 2, 22-35). La sua attesa è stata premiata con un dono mai concesso prima: stringere tra le proprie braccia il Figlio di Dio, il Messia di Israele. È proprio così: Dio ci promette cose alte, e al momento del loro compimento, eccede sempre in generosità, superando pefino se stesso!

Ci incoraggino nei momenti del nostro smarrimento la tenacia e il sereno abbandono alla Parola di Dio che hanno animato la lunga esistenza del buon Simeone. Ci incoraggi la sua umiltà nel saper attendere la pienezza dei tempi, e la sua preghiera accresca in noi il dono della pazienza.

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