Ordinazione sacerdotale di Benedetto Di Bitonto, per le mani dell’Arcivescovo Pierbattista Pizzaballa, a Kiryat Yearim, il 16 maggio 2019


Una gioiosa festa e un momento di amicizia e universalità

Benny ord. 16.05.2019

L'ordinazione sacerdotale di Benedetto è stata un evento meraviglioso per il Vicariato di San Giacomo e per tutti i partecipanti provenienti da diversi luoghi: genitori, parenti e amici venuti dall'estero, sacerdoti del Patriarcato latino e seminaristi di Beit Jala, religiosi e religiose di diversi ordini, bambini con i loro genitori delle comunità di migranti e richiedenti asilo, monaci copti e numerosi amici ebrei venuti a prendere parte alla gioia di Benedetto. L'ordinazione è stata celebrata dall'Arcivescovo Pierbattista Pizzaballa, Amministratore Apostolico, con la presenza di Mons. Giacinto-Boulos Marcuzzo (Vicario patriarcale per Gerusalemme), Mons. Daniele Libanori (Vescovo ausiliare di Roma), Padre Rafic Nahra (Vicario patriarcale per i Cattolici di Lingua ebraica) e Padre David Neuhaus (ex Vicario patriarcale per i Cattolici di Lingua ebraica). Erano presenti molti giovani, sia di Gerusalemme che di Tel Aviv, non a caso, perché gran parte del servizio ecclesiastico di Benedetto negli ultimi anni si è svolto tra i giovani del Vicariato di San Giacomo e delle comunità migranti. Nel suo discorso, alla fine della celebrazione, Benedetto ha ringraziato in particolare i giovani, non solo per la loro presenza, ma perché, in un certo modo, a loro doveva la sua decisione di rimanere in Israele (dopo essere arrivato da Napoli, in Italia, nel 2010) per servirli e accompagnarli nel loro cammino.

Qui di seguito le parole dell'Arcivescovo Pierbattista Pizzaballa, indirizzate a Benedetto, nell'omelia pronunciata dopo le letture.

Letture della Messa: 1 Samuele 16, 1-13; 1 Corinzi 1, 26-31; Luca 5, 1-13

Omelia:

Cari Fratelli, Eccellenze,

Carissimo Benedetto,

Finalmente anche tu sei arrivato a questo importante momento. Sono passati diversi anni dal tuo arrivo a Gerusalemme. Mi ricordo che ti presentarono come studente volontario, presso la Qehilla di Gerusalemme, che era necessario lavorare per il tuo Visto e autorizzare la tua permanenza. Mi chiesi allora che c’azzeccava uno studente napoletano con il piccolo mondo delle Qehillot. In effetti il tuo mondo di origine e quello al quale tu ora appartieni sono alquanto differenti.

Ma questo ci introduce alle letture che tu hai scelto per questa celebrazione. Sono letture che parlano delle scelte di Dio, che non seguono i criteri umani. Davide era scartato dalla sua famiglia (1Sm 16,11); in Corinti Paolo dice che Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato (1Cor 1,28); Pietro nel Vangelo dice: “Allontanati da me che sono peccatore” (Lc 5,8).

Forse questa è anche la tua esperienza umana e di fede ed è per questo che hai scelto queste letture: scoprire la tua debolezza, il tuo essere peccatore, il tuo bisogno di aiuto e allo stesso tempo stupirti della chiamata di Dio.

Se oggi dovessimo fissare i criteri per diventare sacerdote secondo i nostri moderni criteri di valutazione e selezione, probabilmente pochi di noi sarebbe qui ora.

Credo che sia un buon inizio dell’esperienza del ministero sacerdotale, quello di prendere coscienza del proprio peccato e del bisogno di perdono. Peccato e perdono, infatti, ci introducono nel mondo di Dio. Si ha coscienza del peccato, quando si ha coscienza di Dio. Nel mondo oggi si preferisce parlare di “colpa” anziché di peccato. E credo che sia giusto, perché se non c’è coscienza di Dio, anche il concetto di peccato, di trasgressione del volere di Dio viene a mancare.

Le letture che tu hai scelto, tuttavia, suggeriscono anche altro alla tua riflessione e ti indicano lo stile del ministero che stai per iniziare a svolgere. Permettimi di richiamare solo alcuni brevi punti.

La prima considerazione è proprio quella appena accennata. Abbi la coscienza di Dio, e non fermarti al tuo peccato. Avere coscienza di Dio, significa fare esperienza di salvezza, di liberazione, di misericordia, di grazia e di vita. Tutto proviene da lui e tu sei solo suo strumento. Se ti fermi al peccato, in fondo resti sempre concentrato su te stesso. La coscienza di Dio, invece, ti apre all’altro, al mondo, è annuncio di gioia. Il peccato è un ritorno sull’Io”. In Dio scompare l’’Io”, e tutto diventa “tu”. Il Sacerdote non annuncia se stesso (anche se a volte diamo questa impressione), ma è colui grazie al quale si ricorda all’uomo di oggi che “בַּדְּבָרִים אֲשֶׁר לְמַעְלָה יֶהְגֶּה לְבַבְכֶם, לֹא בַּדְּבָרִים אֲשֶׁר בָּאָרֶץ” (Col 3,2). Il tuo stare in mezzo agli uomini, dunque, abbia un sapore di vita diverso e richiami a Qualcuno che va oltre te stesso.
Questo ministero non è una scelta tua e non è nemmeno una missione tua. Davide non si è scelto da sé e non è per una missione sua. C’è differenza tra la scelta di Saul e la scelta di Davide. In Saul Dio dice: “וְהִמְלַכְתָּ֥ לָהֶ֖ם מֶ֑לֶךְ” (1Sm, 8,22) e farai per loro un re. Nel brano proclamato oggi, invece, si dice: “כִּֽי־רָאִ֧יתִי בְּבָנָ֛יו לִ֖י מֶֽלֶךְ׃” (1Sm 16,1), “ho visto tra i suoi figli un re per me”. Tu sei scelto innanzitutto per Lui. La chiamata nel Vangelo di Marco lo dice anche esplicitamente: “chiamò a sé quelli che voleva (3,13) … perché stessero con lui e per mandarli a predicare” (3,14).
Tutte le chiamate di vocazione hanno la stessa dinamica: Dio sceglie, chiama, prende l’iniziativa e sempre in modo inaspettato, strano, nel quale si manifesta l’assoluta libertà di Dio da ogni pregiudizio umano. Al centro c’è il Signore.

Il brano del Vangelo dice che la folla faceva ressa per ascoltare la parola di Dio. È da quel contesto che scaturisce poi la chiamata dei discepoli. Mi piace pensare che sia così anche per te e so che nel mondo delle Qehillot l’amore alla Parola è forte e solido. Senza sete di ascolto della Parola, non solo non nasce alcuna vocazione, ma nemmeno la si nutre. Per essere ministro della Parola, dovrai prima di tutto diventare amante, assetato amante della Parola di Dio.
Obbedienza. Gesù in questo brano, come in tutto il contesto, parla con autorità. Scaccia demoni, guarisce malati, annuncia la Parola, insegna. È un Maestro riconosciuto. Chiede di compiere qualcosa di irragionevole: andare a pescare in pieno giorno, dopo una nottata andata a vuoto. E Pietro obbedisce. E l’obbedienza porta frutto oltre ogni aspettativa.
Impara ad obbedire, a non sostituirti al Maestro. Essere obbediente significa rimandare le persone che incontri a Cristo e alla Chiesa, e non legarle a sé. Solo se sarai obbediente, il tuo ministero porterà frutto.

Pietro, comunque, non è un robot che obbedisce senza volontà propria. Prova a discutere con il Maestro: “Abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla”, ma ha anche il coraggio della fiducia: “ma sulla tua parola getterò le reti” (5). Poco alla volta, la volontà di Gesù diventa anche la sua. Obbedienza è anche fiducia, in Dio innanzitutto e poi nei fratelli che il Signore pone sul tuo cammino. E la fiducia vera non funziona secondo dinamiche razionali. Fiducia significa mettersi nelle mani di altri, ai quali doni il tuo cuore. “Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca” (4). Se avessero pensato ragionevolmente, non l’avrebbero fatto. Sarebbero rimasti a riva, fermi, a mani vuote.

“Signore, allontanati da me, che sono un peccatore” (8). La traduzione ebraica non è proprio precisa. In ebraico abbiamo due volte la parola אדוני, nel versetto 5 e qui. In realtà, nel versetto 5 Luca usa un’altra parola: ἐπιστάτα, maestro, mentre solo qui si usa la parola κύριε. Solo dopo avere fatto esperienza di Gesù, ritroverai te stesso, ti riconoscerai per quello che sei, un peccatore e riconoscerai lui per quello che è: il kurios, il Signore. Ma sarà un’esperienza di liberazione, non di condanna. Di stupore e di gioia.
Forse anche tu, come Pietro nel vangelo, hai avuto nella tua vita esperienze di fallimento, di morte. Avrai preso coscienza che le tue sole forze umane non bastano per avere la vita. Ma avrai anche visto che è proprio li, in quel tuo fallimento che arriva il Signore e che solo lui ti può riportare in vita. Ti donerà fratelli che ti sosterranno e ti aiuteranno. “Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli” (7). Gesù sarà presente attraverso tanti fratelli che ti sosterranno nel tuo cammino. Non sei solo.

“E tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono” (11). Avevano fatto la pesca più abbondante della loro vita. Avevano un’occasione unica, anche economica. Potevano vendere il pesce, intascare e poi seguire Gesù. Ma lasciarono tutto e lo seguirono. “A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio» (Lc 9, 58-59).
Devi lasciare tutto alle tue spalle. Con Gesù non ci sono convivenze. “Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro” (Lc 16,13).

Tutto significa non solo i beni, che forse nemmeno hai, ma tutto ciò non serve alla costruzione del Regno. E dovrai quindi ogni giorno fare questa opera di discernimento per vedere cosa costruisce e cosa invece distrugge.

“וַיִּמְשַׁ֣ח אֹתוֹ֮ בְּקֶ֣רֶב אֶחָיו֒ וַתִּצְלַ֤ח רֽוּחַ־יְהוָה֙ אֶל־דָּוִ֔ד מֵהַיּ֥וֹם הַה֖וּא וָמָ֑עְלָה” (1Sam 16,13).
Lo unse in mezzo ai suoi Fratelli. Lo Spirito irruppe su Davide, e rimase da quel giorno in poi.

Per potere fare tutto quello che è stato detto, hai bisogno dello Spirito di Dio, che è lo Spirito del Risorto. La forza di vita che irruppe nella morte di Gesù darà forza anche a te e ti darà vita.

Lo Spirito irruppe su Davide in mezzo ai suoi fratelli. Non era solo. Lo Spirito lo hai ricevuto e lo riceverai in mezzo ai tuoi fratelli e sorelle, nella Chiesa. Non è un’esperienza privata. È nella comunità e attraverso la comunità che lo Spirito parla. Se vuoi ascoltare lo spirito, devi metterti in ascolto della comunità, della Chiesa.

L’espressione רוח ה׳ viene usata fino ad ora nella bibbia per missioni precise e concrete, come nel libro dei Giudici: conquistare, uccidere il leone, ecc. (cf Gd 14, 6.19. ss) Qui invece non compie nulla. La vita del fanciullo Davide non cambia immediatamente. Lo trasformerà poco alla volta, senza evitargli errori e tragedie. Lasciati trasformare dallo Spirito, che ti plasmi poco alla volta, giorno dopo giorno.

Benny ordination 16.05.2019

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