Deportazione di quattordici bambini di 11 anni figli di migranti


Giovedi’, 17 Novembre 2016, il quotidiano HaAretz ha pubblicato la notizia circa la decisione di deportare quattordici bambini dell’eta’ di 11 anni, figli di migranti operai, nati in Israele.

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Il Tribunale dei Ricorsi del Ministero della Giustizia ha ordinato l'espulsione entro sei settimane di 14 bambini che sono nati in Israele figli di migranti operai, insieme alle loro famiglie. Il tribunale, che si occupa di questioni relative allo status personale e alle questioni di residenza, la settimana scorsa ha negato un appello del mese di aprile di revocare la decisione del Ministro degli Interni Aryeh Deri, negando ai bambini la residenza in Israele.

I bambini, che ora hanno 11 anni, erano stati ritenuti non ammissibili alla residenza sulla base di una risoluzione approvata nel mese di agosto 2010, perché allora frequentavano solo la scuola materna e non la prima elementare. Il Ministero dell'Interno in un primo momento aveva rifiutato le richieste di residenza per i bambini in una situazione simile, cambiando poi la sua decisione. I genitori dei 14 bambini di fronte alla possibile espulsione hanno detto che a quel tempo non avevano presentato la richiesta di residenza perché sapevano che sarebbe stata respinta. Altri genitori, che invece avevano fatto domanda di residenza in seguito negata dal ministero, hanno fatto ricorso alla Corte d'Appello di Gerusalemme.

Alla fine, il ministero ha cambiato la sua posizione concedendo la residenza permanente ai bambini e quella temporanea alle loro famiglie.
Comunque, il Ministero si rifiuta di concedere lo stesso status ai 14 bambini, le cui famiglie non hanno presentato richiesta di residenza in tempo. Il Ministero degli Interni ha poi respinto le richieste per quanto riguarda i bambini in una simile situazione, tuttavia, a seguito della presentazione di petizioni, il Ministero ha cambiato la sua decisione e ha dato ai bambini e alle loro famiglie la residenza temporanea. I genitori dei bambini che devono essere deportati avevano deciso di non presentare le richieste per la regolarizzazione del loro status perché sapevano che le richieste sarebbero state rifiutate. La scorsa settimana il tribunale ha ratificato la decisione del ministero. Questa la sentenza: deportare 35 persone - 14 bambini e 21 membri delle famiglie.

Le mamme sono entrate in Israele con il visto di lavoro e hanno lavorato come assistenti sanitarie a domicilio. Ognuna di loro ha perso il visto per vari motivi, come ad esempio la morte del datore di lavoro o a causa della loro gravidanza, ma sono rimaste ugualmente in Israele. Tutte le mamme e alcuni papa’ sono filippini. Alcuni papa’ sono migranti operai provenienti dalla Turchia e dalla Thailandia. Tutti, tranne due di loro, hanno lasciato Israele volontariamente o sono stati deportati. Le mamme sono entrate in Israele con visti di lavoro e hanno lavorato come badanti. Hanno perso i loro visti a causa di una serie di motivi, tra i quali il licenziamento da un posto di lavoro o a causa di una gravidanza, ma sono rimaste ugualmente in Israele.

"Coloro che hanno fatto richiesta possono solo incolpare se stessi per non aver fatto la domanda di richiesta in tempo, per qualsiasi ragione", cosi’ ha scritto il capo del tribunale, il giudice Menahem Pashititzky, nella sua sentenza. Ha anche scritto che questo caso era diverso da altri casi in cui la richiesta di residenza per i bambini figli di lavoratori stranieri e’ stata negata. Pashititzky ha richiesto ad ogni richiedente la somma di 10.000 shekel ($ 2.500) per le spese di corte.

"Mi sento davvero male", dice Revital, una delle bambine. "Sono nata qui e qui ho molti amici. Non voglio andare nelle Filippine. Mi sento a casa qui. Mi sento molto più israeliana che filippina". “Sono nata qui, e qui mi sento a casa", un’altra ragazza, Joanna, ha detto a Haaretz. "Voglio restare qui perché non voglio lasciare i miei amici e la mia famiglia in Israele. Capisco meglio l'ebraico di ogni altra lingua, è più facile per me qui". Anche Daniel ha paura di essere deportato. "Voglio restare qui", dice. "Nelle Filippine non conosco la lingua. Israele è la mia casa. Mi piace la mia vita qui".

Nel mese di agosto 2010 il Consiglio dei Ministri ha stabilito le condizioni per dare la residenza ai bambini dei lavoratori stranieri e alle loro famiglie. A loro verrebbe concessa la residenza se il bambino ha frequentato una scuola israeliana durante l'anno scolastico 2009-10 ed e’ stato registrato in prima elementare o in un’altra classe l'anno successivo; se ha vissuto in Israele per almeno cinque anni consecutivi, se è entrato nel paese prima del suo 13° anno di eta’. Inoltre, il bambino deve parlare ebraico e i genitori devono aver avuto visti di lavoro, o visto turistico o di volontariato validi prima della nascita del bambino o prima di entrare in Israele. I bambini che hanno tutti questi criteri hanno il diritto di residenza permanente, mentre ai loro genitori e fratelli e’ concessa solo la residenza temporanea. Il Consiglio dei Ministri ha detto che "i casi marginali" saranno esaminati su basi individuali e che le domande presentate successivamente alla data specificata verranno respinte. A queste famiglie sono state date solo tre settimane per richiedere la residenza. Delle 700 richieste che sono state presentate, 85 sono state respinte a priori, compresi quelle dei bambini che avevano iniziato l'asilo.

L’avvocatessa Osnat Lifshitz, responsabile della Clinica “Migrants Rights” presso l’Istituto “Law and Business” a Ramat Gan, nel ricorso ha detto che conosceva almeno 16 bambini in età prescolare le cui richieste sono state respinte immediatamente. "Era quindi inutile fare richiesta di residenza e questo e’ stato ben capito dai genitori richiedenti. Hanno rinunciato a presentare una richiesta, sapendo che sarebbe stata scartata a priori".

Seguendo le procedure legali, l'Autorità di immigrazione ha accettato di riconsiderare le richieste negate ai bambini dell'asilo e nel 2014 a questi stessi bambini e’ stata concessa la residenza. Nel marzo 2014 i genitori dei bambini che ora si trovano ad affrontare la deportazione hanno chiesto all'allora ministro degli interni Gideon Sa'ar di concedere loro la residenza, ma egli rifiutò. Gli hanno chiesto di riconsiderare il caso e lo scorso aprile il ministro dell'Interno Arye Dery ha negato ancora una volta la loro richiesta, dicendo che il tempo trascorso in Israele e l'integrazione dei bambini nella società israeliana non erano considerazioni "umanitarie" sufficienti per giustificare la concessione della residenza.

L'appello dice che ognuno dei ragazzi e delle ragazze è israeliano a tutti gli effetti, che sono tutti nati in Israele e che non hanno mai lasciato il paese. Tutti frequentano scuole statali, la maggior parte di loro dalla scuola materna. "Sentendoli parlare è facile capire quanto siano fluenti in ebraico e quanto la cultura e la società israeliana abbiano formato la loro personalita’", questo e’ quanto e’ scritto nell'appello. "Per queste ragioni la loro vita è piena di terrore dal giorno in cui verranno espulsi da qui e costretti ad abbandonare tutto ciò che sanno e che amano".

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