In ascolto - Giornata di Gerusalemme


Nella vecchia stazione di Gerusalemme, la sera della Giornata di Gerusalemme, mercoledì 24 maggio 2017, la comunità di Sion ha organizzato gruppi di "ascolto" e una serata di preghiera per Gerusalemme con alcune riflessioni di meditazione sull'ascolto. Questa la riflessione di Padre Rafic, responsabile della kehilla di Gerusalemme.

jerusalemday2017

Inizio dai versetti del salmo 55 (versetti 13-14), parole di dolore e di lamento, pronunciate dal re Davide ad un amico che gli era diventato nemico: "Ma sei tu, mio compagno, mio amico e confidente; ci legava una dolce amicizia, verso la casa di Dio camminavamo in festa" (Salmo 55,13-14). La maggior parte dei commentatori spiega che la parola regesh "festa" non significa regashot "emozioni" (cioè che abbiamo camminato nella casa di Dio con un senso di eccitazione (hitragshut), ma piuttosto la parola si riferisce alla folla di coloro che erano venuti a pregare o al frastruono (ra'ash) generato da questa moltitudine. È interessante notare il legame tra le due parole "regesh" e "ra'ash".

Nei giorni scorsi a Gerusalemme c’è stato molto ra'ash (rumore) e molte regashot (emozioni) negative e positive. Questa sera, vogliamo passare dal rumore al silenzio e all'ascolto. In questa quiete vogliamo ricordare Gerusalemme non come una ideologia o come un simbolo, ma piuttosto come un luogo dove vivono esseri umani di diverse etnie: arabi, ebrei e persone provenienti da altri luoghi. Vogliamo ricordare i volti delle persone che conosciamo: amici e compagni, persone che ci hanno causato sofferenze per diversi motivi, persone con cui non andiamo d'accordo. E questa sera vogliamo benedirli tutti, vogliamo augurare loro il bene e pregare per Gerusalemme e tutti i suoi abitanti.

Voglio sottolineare la connessione tra calma e ascolto. Senza calma non ci può essere alcun ascolto reale. Voglio dire calma e non silenzio (zittire il rumore dentro e fuori), cioè essere tranquillo anche in mezzo alla tempesta. La nostra vita è come una nave che naviga nell’oceano. Ci sono sempre onde, ma in alcuni momenti le onde diventano minacciose e violente. Spingono la barca in altre direzioni diverse da quelle verso le quali vorremmo andare. Sulla barca c'è il capitano e il suo primo compito è quello di non essere ansioso, ma piuttosto di rimanere calmo. Il capitano non può fermare le onde, tuttavia, al controllo del timone può (e deve) percepire le forze esterne e indirizzarle in modo da andare nella direzione desiderata per raggiungere la destinazione. Anche noi, nella società in cui viviamo, siamo circondati e influenzati da molte voci con cui non siamo d'accordo o almeno con alcune di loro. La grande maestria non è quella di zittire l'altro, ma piuttosto sapere come "ascoltare" gli altri, come "percepire" ciò che è almeno permesso di percepire da loro e insieme a loro trovare una direzione comune che sia costruttiva e positiva.

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