Altre difficoltà in Israele per i richiedenti asilo


Noa Kaufman, coordinatrice della Hotline per i rifugiati e richiedenti asilo, ha pubblicato questo articolo sul sito 972 che descrive come un emendamento alla legge possa ulteriormente inasprire la vita dei richiedenti asilo in Israele.

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Una nuova legge costringe i richiedenti asilo africani a depositare un quinto dei loro salari in un fondo al quale possono accedere solo se lasciano il paese. È solo l'ultimo di una lunga serie di metodi che il governo israeliano sta usando per costringere i richiedenti asilo africani a lasciare il paese.

I richiedenti asilo africani in Israele dovranno ora depositare il 20% dei loro stipendi in un fondo al quale potranno accedere solo se lasciano il paese, dopo che un emendamento del 2014 alla legge sulla prevenzione di infiltrazione è entrato in vigore il 1° maggio. I loro datori di lavoro devono depositare nello stesso fondo il 16% delle indennità di pensione e di indennizzo di cui i richiedenti asilo hanno diritto.

Come se tutto questo non bastasse, la cosiddetta "legge sul deposito" prevede anche che i richiedenti asilo possano essere multati, detraendo la somma dal fondo, quando ricevuto l’ordine di lasciare il paese non lo fanno entro il termine stabilito.

Bisogna ricordare che i richiedenti asilo già pagano le tasse più alte sul lavoro e ora porteranno a casa un salario mensile che sarà solo il 65-70% di quello che hanno guadagnato.

L'emendamento non solo impoverirà ulteriormente una comunità già debole ma danneggerà gravemente la possibilità della popolazione di sopravvivere. Le organizzazioni che lavorano con i richiedenti asilo temono che questo possa influenzare le comunità che da anni lottano per la sopravvivenza con risorse limitate in aree costantemente trascurate dal governo. Va altresì sottolineato che questa legge influisce anche negativamente sul mercato del lavoro: molti datori di lavoro e lavoratori che cercano di evitare il deposito dei loro stipendi al fondo ricorreranno al lavoro illegale, trascinando con sé tutto il mercato.

Uno sguardo più attento alla situazione degli immigrati in Israele mostra una chiara divisione tra coloro che sono gli obiettivi di queste leggi crudeli e coloro che cercano di evitare il controllo del governo, dei media e del pubblico. Non si può negare che le recenti leggi, in modo ancora più evidente, siano una minaccia per gli immigrati africani.

La popolazione non israeliana in Israele attualmente è di circa 218.000 persone, che comprende sia quelli con permessi temporanei o visti, sia coloro che sono privi di documenti. Circa 84.000 sono definiti "lavoratori immigrati" o "lavoratori stranieri", e sono formalmente riconosciuti come tali dal governo israeliano. Altri 94.000 sono in Israele senza documenti e sono classificati dalle autorità come "illegali".

L'Autorità della Popolazione e Immigrazione (PIA) classifica questo gruppo per paese di origine; in ordine decrescente essi vengono dall'ex Unione Sovietica, dalla Romania, dal Messico, dalle Filippine, dall'India, dalla Turchia, dall'Egitto, dalla Colombia, dal Venezuela, dall'Ungheria, dalla Repubblica Ceca e dalla Slovacchia, dal Perù e da altri paesi.

Dall'anno scorso, si sono aggiunti al numero degli immigrati in Israele altri 14.000 richiedenti asilo dall'Ucraina e dalla Georgia; dopo la cancellazione del requisito di chiedere l'approvazione anticipata per visitare il paese, sono arrivati come turisti e, una volta in Israele, hanno fatto richiesta di asilo. Il governo sta cercando di definire chi attualmente ha diritto alla protezione, ma nessuno di loro è definito come "infiltrato".

Il governo israeliano sta facendo la più grande delle battaglie pubbliche contro una parte relativamente piccola della popolazione straniera qui, quelli che in realtà sono rimasti legalmente in Israele, sui permessi che devono rinnovare ogni due o tre mesi (a seconda dell’umore del dipendente della PIA che lo rinnova). Il loro unico crimine è il modo in cui sono entrati in Israele - come la stragrande maggioranza dei richiedenti asilo in tutto il mondo, che attraversano i confini a piedi fino a quando non raggiungono un posto in cui possono trovare protezione.

Secondo le statistiche del PIA, una media di 8.8 persone vengono deportate ogni giorno da Israele. Nel 2016, ad esempio, circa un terzo degli immigrati illegali in Israele è stato deportato dal paese.

Tuttavia, i richiedenti asilo eritrei e sudanesi non possono essere deportati legalmente: secondo il diritto internazionale sono considerate popolazioni protette, la cui espulsione potrebbe mettere la loro libertà e la loro vita in grave pericolo (I richiedenti asilo che sono stati deportati precedentemente da Israele sono morti in Sud Sudan, giustiziati dal gruppo di Stato islamico). Israele non vuole essere marchiato come un paese che obbliga questa popolazione a lasciare il paese, quindi preferisce rendere la loro vita così miserabile che rischiando il pericolo e lasciando il paese diventa un'opzione più favorevole.

Il governo israeliano ha una serie di metodi per raggiungere questo scopo. Trascura quasi completamente di esaminare individualmente le richieste di asilo degli Eritrei e Sudanesi e certamente non li approva. Al tempo stesso, arbitrariamente manda questi richiedenti asilo al centro di detenzione di Holot per un anno, tenendoli in detenzione amministrativa. E ora, ogni mese viene detratto un quinto del loro stipendio. E coloro che hanno proposto la legge sul deposito, affermano con orgoglio e unanimi che l'obiettivo della legislazione è quello di esercitare pressioni sui richiedenti asilo verso una "deportazione volontaria".

E sta funzionando - 3.246 richiedenti asilo eritrei e sudanesi hanno lasciato Israele nel 2016, quasi lo stesso numero di altri migranti espulsi, ma circa il doppio della percentuale rispetto al numero della comunità.

Israele investe una fortuna nel mantenimento di una prigione e nel passare delle leggi che spingono a lasciare il paese proprio coloro che la Convenzione delle Nazioni Unite per i rifugiati protegge, e infatti lavora instancabilmente per rendere inutile la propria firma su questo stesso accordo. E lo fa mentre lavora con calma e ad un ritmo piacevole nei confronti degli immigrati bianchi.

Se Israele avesse investito anche una minima parte delle risorse e dell'energia che usa nell’abusare i richiedenti asilo africani, per riesaminare le loro richieste di asilo, integrarli nella società israeliana e assicurarsi che vengano distribuiti uniformemente in tutto il paese, i vantaggi sarebbero molteplici per tutti: per i richiedenti asilo, per la società israeliana e per l'onore ormai perso della Convenzione delle Nazioni Unite per i rifugiati, che sembra essere dimenticata da coloro che sono al potere.

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