Ziv: Parashat Vaethanan 2


Ogni settimana, Gad Barnea o Sr. Agnese della Croce (della Comunita’ delle Beatitudini) propongono una riflessione su un brano del Pentateuco che viene letto nella sinagoga (parashat hashavua). Questa settimana il brano e’ tolto dal Libro del Deuteronomio 3,23 – 7,11 con l’haftarah (lettura aggiunta) dal Profeta Isaia 40,1-26. La loro riflessione e’ chiamata “ziv” – raggio di luce.

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Questi bei monti e il Libano

La seconda Parasha del Libro del Deuteronomio continua dalla sua precedente apparentemente senza interruzione. Sembra che non ci sia nessuna pausa nel discorso di Mosè né cambio di argomento, ma coloro che hanno diviso la Torah in parasha hanno ritenuto necessario dividere la narrazione di Mosè al punto della sua supplica mentre ci sarebbe una divisione piuttosto logica solo pochi versetti piu’ avanti all'inizio di quello che ora è il quarto capitolo che si concentra esclusivamente sull’esposizione dei Dieci Comandamenti.

Perché sembra che un nuovo punto focale della narrazione inizia proprio qui? La supplica di Mosè consiste in un riconoscimento delle grandi potenze di Dio e una petizione a lasciarlo "andare al di la’ e veda il bel paese che e’ oltre il Giordano e questi bei monti e il Libano" (Deuteronomio 3,25). L'antico Onqelos Targum aramaico (traduzione) di questo versetto rende la sua conclusione come "quei bei monti e il tempio". La parola Libano deriva dalla radice ebraica "Laban", che significa bianco e viene talvolta usata nella Scrittura come sinonimo per il tempio - in particolare il tempio di Salomone. Il Rabbino Shimon Bar Yochai (Rashbi) spiega, per quanto riguarda il tempio: "Perché viene chiamato Libano? Perché rende i peccati di Israele bianchi come la neve, come sta scritto "Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve» (Isaia 1,18)". È anche chiamato Libano perché il re Salomone costruì il primo tempio con legno di cedro dalla regione che fino ad oggi si chiama Libano. E' in questo tempio che le tavole di pietra su cui sono stati scritti i dieci comandamenti vengono conservate nell'arca dell’alleanza, che contiene una reliquia del Monte Sinai da tenere sulla cima del Monte Moria. La risposta di Dio alla supplica di Mosè di vedere un tempio costruito nella terra di Israele è decisiva, dopo avergli comandato di non parlare più di questa richiesta, Egli dice: "Sali sulla cima del Pisga, volgi lo sguardo a occidente, a settentrione, a mezzogiorno e a oriente e contempla il paese con gli occhi; perche’ tu non passerai questo Giordano” (Deuteronomio 3,27). Prima Dio gli dice di guardare in tutte le direzioni - non solo verso il tempio, che è a ovest, ma anche a est dove si trova, e poi dice a Mosè di guardare con i suoi occhi - cioè gli occhi di Mosè capo, profeta e maestro in Israele; gli occhi che hanno visto le grandi opere di Dio e il suo braccio teso, questi occhi che sono stati addestrati a guardare con lo spirito di profezia, vedranno che il tempio finale si estenderà ben oltre il Monte Moria verso tutti i quattro angoli della terra, come sta scritto: «il mio tempio si chiamera’ casa di preghiera per tutti i popoli" (Isaia 56,7). E qui troviamo la ragione per la quale la divisione della Parasha inizia con la supplica di Mosè di vedere il tempio: tutta la Parasha si concentrerà sui comandamenti che, proprio come il tempio, sono destinati a diventare universali. Shabbat Shalom.

 

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