Ziv: Parashat Beha'alotcha 2


Ogni settimana, Gad Barnea o Sr. Agnese della Croce (della Comunita’ delle Beatitudini) propongono una riflessione su un brano del Pentateuco che viene letto nella sinagoga (parashat hashavua). Questa settimana il brano e’ tolto dal Libro dei Numeri 8,1 – 12,16 con l’haftarah (lettura aggiunta) dal Profeta Zaccaria 2,14 – 4,7. La loro riflessione e’ chiamata “ziv” – raggio di luce.

ziv behaalotkha2

Non con la potenza, né con la forza, ma con il mio Spirito

L’haftarah – la lettura aggiunta presa dai profeti - che accompagna il brano della Torah di ogni settimana, va sempre pari passo con quest’ultima per mettere in evidenza ciò che coloro che hanno organizzato queste letture ritengono essere i loro punti principali. L’abbinamento di questi testi ci aiuta a comprendere meglio la Parasha.

Questa settimana, la Parasha inizia con un breve paragrafo che riguarda il servizio delle lampade del candelabro: "Il Signore disse ancora a Mose’: Parla ad Aronne e riferisci: Quando collocherai le lampade, le sette lampade dovranno proiettare la luce davanti al candelabro” (Numeri 8,1-2) - il verbo tradotto come "collocare" in realta’ in ebraico significa "innalzare" (che è il nome della Parasha). Qual è il significato di questo "innalzare"? Vuol dire "accendere"? Rashi tenta di combinare entrambi i significati e spiega che il verbo "innalzare" pone l'accento sulla fiamma che si alza e così la lampada deve essere accesa fino a quando la fiamma raggiunge la posizione eretta. Tuttavia, l'istruzione iniziale in Esodo per quanto riguarda la lampada è che si tratta di essere "sempre accesa" (Esodo 27,20), e l'ebraico mette più enfasi sul "per sempre" - una lampada che non si spegne mai . Pertanto, il senso di questo versetto va inteso piuttosto come un comando in quanto le lampade devono essere rafforzate mentre stanno bruciando – proprio per non spegnersi mai.

Il candelabro, ci viene ricordato, ha la forma di un albero. Si tratta di “un’opera d'oro lavorata a martello, dal suo fusto alle sue corolle era un solo lavoro a martello" (Numeri 8,4) - un albero di luce, di attuazione, come il libro di Zohar dice come il Salmista: "Una luce si e’ levata per il giusto, gioia per i retti di cuore" (Salmo 97,11). Questa gioia ci porta alla haftarah che comincia con un inno alla gioia: "Gioisci, esulta, figlia di Sion, perche’, ecco, io vengo ad abitare in mezzo a te, oracolo del Signore” (Zaccaria 2,14), e si conclude con una visione del candelabrio che Zaccaria descrive come "un candelabro tutto d’oro; in cima ha un recipiente con sette lucerne e sette beccucci per le lucerne. Due olivi gli stanno vicino, uno a destra e uno a sinistra" (Zaccaria 4,2-3), e l'angelo spiega questa visione al profeta: "Questa è la parola del Signore a Zorobabele: Non con la potenza, né con la forza, ma con il mio Spirito, dice il Signore degli eserciti" (Zaccaria 4,6). Pertanto, il candelabro del tabernacolo con la sua luce eterna rappresenta lo Spirito di Dio e si trova qui alla fine della Parasha precedente che ha elencato la ricchezza e la forza dei principi d'Israele, al fine di ricordare loro, così come a noi oggi, di non mettere la nostra fiducia nella ricchezza e nella forza fisica, ma nello Spirito di Dio che rimuove tutti gli ostacoli: "Chi sei tu, o grande monte? Davanti a Zorobabele diventa pianura"... (Zaccaria 4,7). Shabbat Shalom.

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