Ziv: Parashat Vayikra 2


Ogni settimana, Gad Barnea o Sr. Agnese della Croce (della Comunita’ delle Beatitudini) propongono una riflessione su un brano del Pentateuco che viene letto nella sinagoga (parashat hashavua). Questa settimana il brano e’ tolto dal Libro del Levitico 1,1 – 5,26 con l’haftarah (lettura aggiunta) dal Profeta Isaia 43,21 – 44,23. La loro riflessione e’ chiamata “ziv” – raggio di luce.

ziv vayikra2

Uno spirito contrito e’ sacrificio a Dio

Il libro dell'Esodo termina su una nota inattesa e bizzarra. Verso la fine del libro tutto sembrava essersi realizzato: la pace, l'obbedienza e la santità sono evidenti in ogni atto e intenzione dei figli d'Israele, e sembra che finalmente hanno raggiunto uno stato in cui Dio può realmente "abitare in mezzo a loro" (Esodo 25,8). Circa la perfetta obbedienza del popolo si legge che "Secondo quanto il Signore aveva ordinato a Mosè, gli Israeliti avevano eseguito ogni lavoro. Mosè vide tutta l’opera e riscontro’ che l’avevano eseguita come il Signore aveva ordinato. Allora Mosè li benedisse" (Esodo 39,42-43). Di Mosè stesso ci viene detto che "Mosè fece secondo quanto il Signore gli aveva ordinato" (Esodo 40,16). E in effetti la conferma divina arriva quando "la nube coprì la tenda del convegno e la Gloria del Signore riempì la Dimora" (Esodo 40,34). Tuttavia, si dice che anche se questo evento è molto vicino alla perfezione, c’e’ ancora un grande cammino da fare per raggiungerla. Anche "Mosè non pote’ entrare nella tenda del convegno, perché la nube dimorava su di essa e la Gloria del Signore riempiva la Dimora" (Esodo 40,35), e la nube divina che copriva la Dimora guidava i figli di Israele durante i loro viaggi (Esodo 40,36-38) - un passo che andrebbe meglio per il libro dei Numeri piuttosto che quello dell'Esodo.

Il libro del Levitico continua da questo punto. Mosè è in piedi fuori dalla tenda e "Il Signore chiamò Mosè e dalla tenda del convegno gli disse" (Levitico 1,1). Nelle versioni in ebraico di questo versetto la parola "e lo chiamo’" (che in ebraico e’ una sola parola che da il nome al libro) è scritto con una piccola "Alef", dando alla parola due significati diversi. Può essere letto come "e chiamo’" (VaYikra) e come "e incontro’" (VaYikr). La tradizione spiega che la piccola "Alef" esprime l'umiltà, e un midrash descrive come Mosè, nella sua umiltà, ha voluto che la sua vocazione fosse simile a quella di Balaam che è stato chiamato (o raggiunto) da Dio con l'espressione VaYikr (Numeri 23,4). Ma la chiamata di Mosè, come spiega Rashi, è stata una chiamata di affetto (a differenza di quella di Balaam) e, pertanto, al fine di accogliere il desiderio di Mosè', hanno giocato sulla piccola "Alef". Qualunque sia la spiegazione, la piccola "alef" con cui inizia il libro dei sacrifici e delle offerte, esprime la dolcezza della chiamata di Dio e l'umiltà del cuore che deve guidare ogni credente mentre si presenta davanti a Dio: "Uno spirito contrito e’ sacrificio a Dio, un cuore affranto e umiliato, Dio, tu non disprezzi” (Salmo 51,17). Shabbat Shalom.

Per aiutarci Contattaci Vatican News in ebraico La Messa in ebraico Per la protezione dei bambini


© 2020 Saint James Vicariate for Hebrew Speaking Catholics in Israel