Ziv: Parashat Bo 2


Ogni settimana, Gad Barnea o Sr. Agnese della Croce (della Comunita’ delle Beatitudini) propongono una riflessione su un brano del Pentateuco che viene letto nella sinagoga (parashat hashavua). Questa settimana il brano e’ tolto dal Libro dell’Esodo 10,1 – 13,16 con l’haftarah (lettura aggiunta) dal Profeta Geremia 46,13 – 46,28. La loro riflessione e’ chiamata “ziv” – raggio di luce.

ziv bo2

E lo dirai a tuo figlio.

Le dieci piaghe che Dio ha mandato sull’Egitto sono divise tra due parasha. La parasha precedente presenta in dettagli le prime sette piaghe mentre la parasha di questa settimana presenta le ultime tre piaghe. Era di certo possibile per coloro che hanno presentato due parasha, racchiudere le dieci piaghe in una sola parasha, se avessero voluto farlo, ma il fatto e’ che qualcosa di nuovo inizia con questa parasha e che le stesse dieci piaghe non sono il punto principale. Subito dopo l’inizio della parasha si legge: “Va’ dal faraone, perche’ io ho reso irremovibile il suo cuore e il cuore dei suoi ministri, per operare questi miei prodigi in mezzo a loro e perche’ tu possa raccontare e fissare nella memoria di tuo figlio e di tuo nipote come io ho trattato gli Egiziani e i segni che ho compiuti in mezzo a loro e cosi’ saprete che io sono il Signore!” (Es 10,1-2). Il fondamento di questa parasha e’ la storia dei figli: i figli – primogeniti – dell’Egitto, e dei figli di Israele. Il messaggio di questo brano e’ che tutti i figli primogeniti – sia di Israele o delle altre nazioni – appartengono a Dio come e’ spiegato nel libro dei Numeri: “perche’ ogni primogenito e’ mio. Quando io colpii tutti i primogeniti nel paese d’Egitto, io mi riservai in Israele tutti i primogeniti degli uomini e degli animali; essi saranno miei. Io sono il Signore” (Numeri 3,13). Pertanto, cio’ che salva i figli dei figli di Israele di generazione in generazione e’ la memoria della relazione di Dio con l’Egitto, aspetto che e’ da studiare continuamente.

Nella Haggadah di Pasqua, letta durante il seder pasquale, c’e’ la storia dei quattro figli che fanno domande al padre sull’esodo dall’Egitto, e le risposte da dare. Tre di questi figli si trovano nella nostra parasha. Secondo l’ordine di apparizione nella parasha, i figli sono i seguenti: il figlio sciagurato, il figlio che non sa come domandare e il figlio semplice (il quarto figlio, quello saggio, lo si trova alla fine della Torah al sesto capitolo del Deuteronomio). Il primo figlio lo si trova nel dodicesimo capitolo: “Allora i vostri figli vi chiederanno: Che significa questo atto di culto? Voi direte loro: E’ il sacrificio della pasqua per il Signore, il quale e’ passato oltre le case degli Israeliti in Egitto, quando colpi’ l’Egitto e salvo’ le nostre case” (Es 12,26-27). Il secondo figlio, che vuole chiedere ma non sa come farlo, riceve semplicemente questa risposta: “E’ a causa di quanto ha fatto il Signore per me, quando sono uscito dall’Egitto. Sara’ per te un segno sulla tua mano e ricordo fra i tuoi occhi, perche’ la legge del Signore sia sulla tua bocca. Con mano potente infatti il Signore ti ha fatto uscire dall’Egitto” (Es 13,8-9). E al figlio semplice risponde: “Quando tuo figlio domani ti chiedera’: Che significa cio’?, tu gli risponderai: Con braccio potente il Signore ci ha fatti uscire dall’Egitto, dalla condizione servile. Poiche’ il faraone si ostinava a non lasciarci partire, il Signore ha ucciso ogni primogenito nel paese d’Egitto, i primogeniti degli uomini e i primogeniti del bestiame. Per questo io sacrifico al Signore ogni primo frutto del seno materno, se di sesso maschile, e riscatto ogni primogenito dei miei figli” (Es 13,14-15). Queste risposte ci insegnano che la redenzione ruota attorno al sacrificio: della Pasqua e del primogenito, redento da Dio, mostrando che la redenzione e’ personale, e’ “per me”. Mentre il popolo viene liberato dalla schiavitu’ in cui l’individualita’ era ignorata, la nostra parasha ci insegna che ognuno dei nostri figli e’ un individuo che ha bisogno di imparare dalla saggezza di Dio la sua unicita’. Shabbat Shalom.

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