Ziv: Parashat Vaera 2


Ogni settimana, Gad Barnea o Sr. Agnese della Croce (della Comunita’ delle Beatitudini) propongono una riflessione su un brano del Pentateuco che viene letto nella sinagoga (parashat hashavua). Questa settimana il brano e’ tolto dal Libro dell’Esodo 6,2 – 9,35 con l’haftarah (lettura aggiunta) dal Profeta Ezechiele 28,25 – 29,21. La loro riflessione e’ chiamata “ziv” – raggio di luce.

ziv vaera2Dopo la morte di Giuseppe, i figli di Israele si stabilirono in Egitto. Sorse in Egitto un nuovo Faraone che “non aveva conosciuto Giuseppe”. Questa affermazione, che e’ apparsa anche nella Parasha della scorsa settimana, preannunciava una catastrofe: il Faraone ha dimenticato la sua storia e la storia del suo popolo, ha rotto la catena della memoria che lo collegava alle generazioni precedenti, e sta creando un mondo nuovo senza memoria o radici. Il Faraone sta dimenticando il grande debito che gli egiziani hanno verso il popolo degli ebrei, non comprende piu’ il significato della loro presenza in Egitto e, quindi, arreca un grande dolore al suo popolo. La schiavitu’ degli ebrei diventera’ l’archetipo di tutte le forme di schiavitu’ dell’umanita’, sia essa reale o di alienanzione interiore. Questa e’ la storia che viene ricordata ogni anno durante il pasto del Seder in occasione della Pasqua. Durante questo pasto viene raccontata la storia della liberazione dall’Egitto e ogni partecipante deve considerare se stesso come se fosse stato personalmente liberato dalla schiavitu’ d’Egitto. L’Haggadah che si legge durante il Seder prescrive: In ogni generazione ogni persona deve considerare se stessa come se fosse uscita dall’Egitto, come si dice: “In quel giorno direte ai vostri figli che e’ a causa di cio’ che il Signore ha fatto per me quando ho lasciato l’Egitto. Il Santo, benedetto Egli sia, ha riscattato non solo i nostri padri dall’Egitto, ma anche noi con loro, come si dice: “Egli ci ha liberati dall’Egitto cosi’ da darci il paese che ha giurato ai nostri padri”. Durante questo pasto liturgico vengono bevute quattro coppe di vino ognuna delle quali rappresenta una fase della liberazione: “Di’ agli Israeliti: Io sono il Signore! Vi sottrarro’ ai gravami degli Egiziani, vi liberero’ dalla loro schiavitu’ e vi liberero’ con braccio testo e con grandi castighi. Io vi prendero’ come mio popolo e diventero’ il vostro Dio. Voi saprete che io sono il Signore, il vostro Dio, che vi sottrarra’ ai gravami degli Egiziani. Vi faro’ entrare nel paese che ho giurato a mano alzata di dare ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe” (Es. 6,6-8). Veramente sono cinque le coppe che si mettono sul tavolo del Seder. La quinta coppa e’ quella del profeta Elia che verra’ quando tutto sara’ compiuto, secondo la profezia di Malachia (3,23).

Questo e’ il testo che si legge durante il “grande Shabbat” che precede la Pasqua. André Chouraqui, che ha recentemente tradotto la Bibbia in francese, ha scelto di scrivere questi cinque verbi, che sono fondamentali per la storia di Israele, nel tempo presente … Questo dettaglio e’ importante per comprendere il significato di questa narrazione. Nel testo ebraico ognuno di questi verbi e’ al passato ma iniziano con un “vav”, particella che puo’ cambiare un passato in futuro e viceversa, un fenomeno che e’ proprio della lingua ebraica biblica. Tradurre questi verbi nel tempo presente, e non nel futuro (che e’ grammaticalmente corretto), vuol dire che l’uscita dall’Egitto ha luogo ogni giorno: Io ti prendero’ in un preciso momento storico e continuero’ a farlo ... Questo e’ il significato dei verbi usati nel tempo presente. E’ il richiamo della memoria, il ricordo di un evento passato celebrato nella liturgia, e in tal modo reso presente e reale. Il popolo di Israele e’ continuamente chiamato a ricordare che e’ stato liberato dalla schiavitu’ e che deve vivere nella liberta’. Questo e’ l’insegnamento di tutta la Torah, riassunto nel Deuteronomio: “Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto ...” (Dt. 8,2).

Questo ricordare, cosi’ spesso comandato al popolo di Israele, e’ un modo per attualizzare l’alleanza e le grazie ad esso collegate. L’oblio e’ una fonte di dolore, come ha mostrato il Faraone che ha dimenticato Giuseppe e gli innumerevoli doni che ha fatto agli Egiziani, nonche’ ai figli di Israele. Shabbat Shalom.

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