Ziv : Parashat Vayeshev


Ogni settimana, Gad Barnea o Sr. Agnese della Croce (della Comunita’ delle Beatitudini) propongono una riflessione su un brano del Pentateuco che viene letto nella sinagoga (parashat hashavua). Questa settimana il brano e’ tolto dal Libro della Genesi 37,1 – 40,23 con l’haftarah (lettura aggiunta) dal Profeta Amos 2,6 – 3,8. La loro riflessione e’ chiamata “ziv” – raggio di luce.

ziv vayeshev

Giuseppe il santo

Iniziamo questa settimana a leggere la storia di Giuseppe e i suoi fratelli che andra’ avanti fino alla fine del libro della Genesi. Il suo titolo e’: “E si e’ stabilito” ...Giacobbe anela alla calma e alla pace, e cosi’ decide di stabilirsi tra i figli di Esau’. Pensa di aver finalmente trovato il riposo e la pace ... ma la vita dei figli di Israele e, di conseguenza, dei patriarchi, non e’ fatta per una vita facile. Giacobbe lo imparera’ attraverso il suo figlio prediletto, il giovane Giuseppe.

Molti commentatori hanno cercato di comprendere la complessa personalita’ di questo patriarca. E’ spesso descritto come sicuro di se’, orgoglioso, colui che parla male dei suoi fratelli. A causa di cio’ egli e’ odiato dai suoi fratelli. Viene presentato come il figlio prediletto del padre, il quale gli da’ in dono una magnifica veste. Nonostante il padre conosca il risentimento degli altri suoi figli, lo manda da loro a Sichem. Viene gettato in una cisterna e venduto ad alcuni mercanti madianiti. Viene acquistato e posto al servizio di Potifar, e gettato di nuovo in prigione. Liberato, improvvisamente viene alzato quasi allo stesso rango del Faraone.
Questa storia da’ la sensazione che Giuseppe non e’ altro che un burattino manipolato da qualcun altro … Sembra essere il giocattolo di un destino cieco, senza alcun maestro nella sua vita. Per esempio, sia Giacobbe e Giuseppe sapevano che era odiato dagli altri fratelli, eppure Giuseppe viene mandato da loro e lui non si oppone al comando. Al contrario, va avanti fino alla fine. Non solo egli va in cerca dei suoi fratelli a Sichem, come gli aveva ordinato Giacobbe, ma prosegue fino a Dotan, dove rischia la vita ... Rashi dice anche che Giuseppe ha raggiunto i suoi fratelli con gioia e lodi. Giuseppe e’ guidato da ingenua semplicita’, da una fiducia cieca nei confronti degli altri. Non e’ capace di immaginare il male, come un vero e proprio “tsadik”, un uomo giusto, e questa e’ la chiave della sua storia. Non puo’ immaginare il male perche’ non e’ nel suo cuore ... Si fida dei suoi fratelli e della moglie di Potifar. Non esita a rimanere da solo con lei, nonostante molte allusioni al pericolo in agguato. Cerca anche di insegnarle a temere Dio ... e non pensa nemmeno che il coppiere del Faraone possa dimenticarsi di lui. Tutte le sue sofferenze sono radicate in questa caratteristica del suo carattere: Giuseppe non vede il male che lo circonda. Egli puo’ solo avere fiducia e di conseguenza cade in tutte le trappole preparate per lui ...

Dietro alle sue difficolta’ c’e’ l’innocenza e non un destino cieco. La storia dimostrera’ che ha ragione: e’ per un bene piu’ grande che Giuseppe doveva andare in Egitto, dove iniziera’ a realizzarsi la promessa fatta ad Abramo al tempo dell’alleanza (cfr Genesi 15). Shabbat Shalom.

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