Ziv Parashat Ki Tavo


Ogni settimana, Gad Barnea o Suor Agnese della Croce (della Comunita’ delle Beatitudini) ci propongono una riflessione su un brano del Pentateuco che viene letto nella sinagoga (parashat hashavua). Questa settimana il brano e’ tolto dal Libro del Deuteronomio 26,1 – 29,8 con l’haftarah (lettura aggiunta) dal Profeta Isaia 60,1 - 22. La loro riflessione e’ chiamata “ziv” – raggio di luce.

ziv kitavo

Trasformare una maledizione in benedizione

Uno dei temi principali del Libro del Deuteronomio e’ la tensione tra benedizione e maledizione, la buona e la cattiva via. L’ammonimento di scegliere la via della benedizione si trova al centro dell’ultimo messaggio di Mose’ ai figli di Israele. La nostra parasha e’ considerata la “parasha di rimprovero” dove Mose’ ammonisce severamente i figli di Israele sulle conseguenze delle loro azioni. Si inizia con la festa delle primizie, una festa che durava per circa sei mesi, durante la quale gli Israeliti portavano al Tempio le primizie delle sette specie di frutta prescritte nella Torah per ringraziare il Signore per la sua provvidenza. Ogni capofamiglia, che possedesse anche uno solo di quegli alberi, andava al Tempio quando la sua pianta produceva i primi frutti, e questo poteva accadere in qualsiasi momento a partire dall’inizio della messe fino anche dopo la festa di Succot. A Gerusalemme, dunque, e in tutto il paese, questo era un continuo ricordo della bonta’ di Dio e delle sue benedizioni. L’obbligo di portare le primizie usa il termine ebraico “Reshith”, termine con cui inizia la Bibbia “In principio”. L’obbligo di offrire le primizie a Dio non e’ in relazione alla qualita’ dei frutti, poiche’ le primizie spesso non risultano essere sempre le migliori. Sono in relazione invece direttamente con la creazione e con la partecipazione da parte dell’uomo al godimento della creazione stessa, e in questo modo l’uomo ricorda il suo ruolo fondamentale e primordiale come custode della creazione. Questo inoltre ricorda che, con il possesso della terra – se Israele fa’ cio’ che e’ giusto agli occhi di Dio – la maledizione di Adamo di cui la terra e’ maledetta (Genesi 3,17-18), si trasforma in benedizione.

Questo ci riporta a Caino, figlio di Adamo, che fu il primo a offrire a Dio i frutti della terra (Genesi 4,3), solo che a differenza di suo fratello Abele, non ha offerto i “primogeniti”, e cosi’ non e’ stato all’altezza di vivere il suo ruolo nella creazione. Si dice che Caino fu “molto irritato e il suo volto era abbattuto” (Genesi 4,5) – o, in altre parole, non gioiva nel servire Dio ne’ del fatto che l’offerta di suo fratello era gradita a Dio, ma ha scelto la via della maledizione (Genesi 4,11). Per questa ragione Mose’ ci ricorda di “gioire, con il levita e con il forestiero che sara’ in mezzo a te, di tutto il bene che il Signore tuo Dio avra’ dato a te e alla tua famiglia” (Deuteronomio 26,11). E’ la nostra gioia nel Signore, che viene dal suo amore per noi e dal nostro amore per lui, che trasforma una maledizione in benedizione. Infatti, abbiamo visto questo nella Parasha della settimana scorsa quando Mose’ ricorda al popolo che i Moabiti e gli Ammoniti “hanno prezzolato contro di te Balaam, figlio di Beor, da Petro nel paese dei due fiumi, perche’ ti maledisse. Ma il Signore tuo Dio non volle ascoltare Balaam e il Signore tuo Dio muto’ per te la maledizione in benedizione, perche’ il Signore tuo Dio ti ama” (Deuteronomio 23,4-6). La nostra Parasha di questa settimana include alcune benedizioni seguite da novantotto maledizioni che sono eccessive e onnicomprensive nella loro gravita’. Infatti, esse racchiudono “ogni altra malattia e ogni flagello che non sta scritto nel libro di questa legge” (Deuteronomio 28,61). Perche’ andare a questi estremi? La risposta e’ che ogni maledizione immaginabile o non immaginabile che ci possa capitare puo’ sempre essere trasformata in una benedizione per coloro che amano Dio e osservano i suoi comandamenti. Shabbat Shalom.

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