Ziv: Parashat Shoftim


Ogni settimana, Gad Barnea o Suor Agnese della Croce (della Comunita’ delle Beatitudini) ci propongono una riflessione su un brano del Pentateuco che viene letto nella sinagoga (parashat hashavua). Questa settimana il brano e’ tolto dal Libro del Deuteronomio 16,18 – 21,9 con l’haftarah (lettura aggiunta) dal Profeta Isaia 51,12 – 52,12. La loro riflessione e’ chiamata “ziv” – raggio di luce.

ziv shoftim

L’uomo e’ un albero del campo

La Parasha di questa settimana inizia con le parole “Ti costituirai giudici e scribi in tutte le citta’ che il Signore tuo Dio ti da’, tribu’ per tribu’; essi giudicheranno il popolo con giuste sentenze” (Deuteronomio 16,18). Questa dichiarazione risale alla confessione di Mose’ che si trova all’inizio del libro del Deuteronomio quando ha chiesto (sul suggerimento di Ietro, cfr. Esodo 18,13-23) di nominare “giudici e funzionari” per alleviare il suo compito troppo pesante di giudicare il popolo da solo. Per il credente, giudicare le proprie inclinazioni e le tentazioni quotidiane non e’ piu’ facile di quanto non fosse per Mose’. In effetti, il rabbino di Lubavitch spiega che le “porte” di cui si parla all’inizio del nostro brano non sono altro che le porte del nostro corpo – i cinque sensi, attraverso i quali il mondo esterno entra nel nostro corpo, e con i quali la mente “giudica” le azioni da intraprendere, se buone o cattive.

All’interno delle porte della citta’, cosi’ ci ricorda Mose’, sia l’assassino sia il popolo possono trovare rifugio in caso di assedio. Quando Mose’ ripete il comando di costruire citta’ di rifugio nel paese, offre un esempio di un omicidio unintenzionale: “Come quando uno va al bosco con il suo compagno a tagliare la legna e, mentre la mano afferra la scure per abbattere l’albero, il ferro gli sfugge dal manico e colpisce il compagno cosi’ che ne muoia” (Deuteronomio 19,5). Si puo’ pensare a molti altri esempi di omicidio involontario – ma perche’ Mose’ ha dato questo esempio particolare? In primo luogo, sappiamo che questo e’ un esempio che spiega che e’ Dio che lascia succedere questo evento, come abbiamo spiegato quando le citta’ rifugio sono state menzionate nell’Esodo: “Pero’ per colui che non ha teso insidia, ma che Dio gli ha fatto incontrare, io ti fissero’ un luogo dove potra’ rifugiarsi” (Esodo 21,13). Inoltre, un suggerimento viene dato nel capitolo seguente quando si viene a conoscere che durante l’assedio di una citta’ “non ne distruggerai gli alberi colpendoli con la scure; ne mangerai il frutto, ma non li taglierai, perche’ l’albero della campagna e’ forse un uomo, per essere coinvolto nell’assedio? Soltanto potrai distruggere e recidere gli alberi che saprai non essere alberi da frutto, per costruire opere d’assedio contro la citta’ che e’ in guerra con te, finche’ non sia caduta” (Deuteronomio 20,19-20). Qui troviamo di nuovo una citta’, un’ascia, un albero che viene abbattuto e un uomo che viene paragonato ad un “albero del campo”. Come puo’ un uomo essere un albero del campo? Il rabbino di Lubavitch spiega che poiche’ lo scopo dell’albero e’ quello di produrre frutti buoni, cosi’ lo scopo dell’uomo e’ quello di portare frutti di saggezza secondo la volonta’ di Dio. Facendo il collegamento tra la citta’ rifugio e la citta’ assediata, Mose’ esorta Israele a evitare di versare sangue innocente anche in caso di guera: ogni citta’ assediata e’ anche una citta’ rifugio per gli uomini che producono buon frutto, Dio li puo’ far cadere nelle tue mani, ma il ruolo di Israele e’ di andare a cercarli e aiutarli a crescere. Shabbat Shalom.

 

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