Ziv: Parashat Bamidbar


Ogni settimana, Gad Barnea o Suor Agnese della Croce (della Comunita’ delle Beatitudini) ci propongono una riflessione su un brano del Pentateuco che viene letto nella sinagoga (parashat hashavua). Questa settimana il brano e’ tolto dal Libro dei Numeri 1,1 – 4,20 con l’haftarah (lettura aggiunta) dal Profeta Osea 2,1 – 2,22. La loro riflessione e’ chiamata “ziv” – raggio di luce.

ziv bamidbarE io ti fidanzero’ a me per sempre …

Questa settimana iniziamo la lettura del libro dei Numeri che racconta la lunga traversata del deserto (interno e esterno) dei figli di Israele prima di arrivare alla terra promessa. Durante questa traversata piena di pericoli, si deve essere pronti a combattere, e cio’ spiega il motivo per cui questo libro inizia con un censimento: e’ necessario contare e organizzare gli uomini in grado di trasportare armi. E questo e’ anche il secondo nome in ebraico di questo libro: “Sefer HaPikudim” – il libro dei censimenti. Un commento spiega che questi censimenti esprimono la protezione divina: nonostante tutti gli attacchi del Faraone e di Amalec, le difficolta’ della vita nel deserto, il popolo non viene distrutto, e non solo e’ stato capace di resistere ma anche di crescere ... Il Midrash dice anche che Colui che guida il suo popolo ha voluto contare tutti i suoi figli uno per uno per assicurarsi che nessuno si perdesse, come un uomo che, di tanto in tanto, conta con cura le sue pietre preziose.

Il libro e’ anche semplicemente chiamato: nel deserto, “BaMidbar”, che in ebraico ricorda un’altra parola “Davar”, la Parola, l’atto di parlare. In effetti questa Parasha viene sempre letta il sabato prima della festa delle settimane – Shavuot – durante la quale si celebra la consegna della Torah sul Monte Sinai, la consegna dei dieci comandamenti, le dieci parole. La Torah e’ stata data nel deserto ad un popolo da poco uscito dalla schiavitu’. Il deserto e la parola della rivelazione – le parole che hanno sigillato l’alleanza – sono di conseguenza collegate e questo e’ cio’ che ci mostra la lettura dell’Haftarah dove si legge, anche nel libro del Profeta Osea, il rinnovo dell’alleanza che e’ stata infranta: “La condurro’ nel deserto e parlero’ al suo cuore” (Osea 2,14). La vastita’ del deserto crea un notevole contrasto con le costruzioni sofisticate della civilta’ egizia. Niente viene costruito nel deserto che richiama il mondo prima della creazione, l’informita’ e il vuoto Tohu-VaBohu. La parola viene pronunciata al fine di portare luce e vita, dieci parole della creazione ... Dieci? Un semplice conteggio mostra che sono solo nove ... Una tradizione dice che c’era bisogno di una decima parola per creare cio’ che era prima della luce, e questa parola e’ “Bereshit” – al principio. Queste dieci parole della creazione si ritrovano nelle dieci parole della legge ricevuta sul Monte Sinai, parole che hanno portato ordine nel caos con l’introduzione di alcuni limiti: la luce si distingue dalle tenebre, il giorno dalla notte, proprio come si fa distinzione tra cio’ che e’ permesso e cio’ che non lo e’ – e questa distinzione, questo ordinamento e’ fonte di vita, la vita della Torah. Shabbat Shalom.

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