Ziv: Parashat Tazria-Metsora


Ogni settimana, Gad Barnea o Suor Agnese della Croce (della Comunita’ delle Beatitudini) propone una riflessione di un brano del Pentateuco che viene letto nella sinagoga (parashat hashavua). Questa settimana il brano e’ tolto dal Libro del Levitico 12,1 – 15,33 con l’haftarah (lettura aggiunta) da 2Re 7,3 – 20. La loro riflessione e’ chiamata “ziv” – raggio di luce.

ziv tazria
Parole che feriscono

Due commenti della parasha di questa settimana mettono in questione se abbiamo mai visto la lebbra di vestiti o di case ... e spiegano che questi fenomeni non sono naturali e si verificano solo nella Terra di Israele perche’ e’ una terra che svela cio’ che e’ nascosto: approva la santita’ e respinge il male. Questo testo non facile del Levitico si occupa infatti di cose nascoste che vengono alla luce: il Midrash (Levitico Rabba 16,1) collega questa malattia della pelle alla maldicenza nascosta. Il parlare male e’ una vera malattia che puo’ essere mortale. Si insinua furtivamente e blocca la vittima in una rete di affermazioni paralizzanti dalle quali e’ difficile liberarsi: cio’ che viene detto lascia sempre delle tracce. I peccati di lingua sono considerati molto gravi nelle scritture rabbiniche: a volte sono parogonati a un omicidio come nel caso in cui una persona viene umiliata pubblicamente: quella persona perde la faccia, che in ebraico significa e’ svuotata del suo sangue ... Un altro commento dice: se si presta attenzione a cio’ che entra nella bocca (osservando le regole alimentari), quanto piu’ si dovrebbe prestare attenzione a cio’ che esce da essa ... Gli affetti che vediamo qui si riferiscono alla casa, ai vestiti e infine alla pelle di qualcuno – proprio come la maldicenza che raggiunge cio’ che e’ lontano da una persona, fino a raggiungere la sua pelle – la sua stessa carne. Mose’ stesso, che ha criticato il popolo, e’ stato segnato dalla lebbra al roveto ardente (Esodo 4,1).

E’ chiaro che questo tipo di lettura non risponde pienamente alla questione del legame tra la malattia e il peccato, ne’ spiega l’esclusione e il reinserimento del lebbroso. La tradizione ebraica divide i comandamenti in “mishpatim” e “hukkim”. I primi sono facilmente comprensibile razionalmente (non rubare, non uccidere, perche’ si deve amare il proprio prossimo), ma gli altri non sono nemmeno spiegabili razionalmente: questi sono gli “hukkim”, per esempio la restrizione dal mangiare determinati cibi. Secondo il Midrash l’accettazione e l’osservanza di questi comandamenti diventa essa stessa fonte di purezza.

Nella stessa parasha, troviamo il rito di purificazione della donna che ha partorito (12,2), che deve osservare sette giorni di purificazione quando da’ alla luce un figlio, come una donna quando ha le mestruazioni (15,28). Anche il lebbroso deve rimanere sette giorni fuori della sua tenda (14,8) prima del suo reinserimento ... questi sette giorni sono i giorni della creazione e sono un segno della vita donata – o ri-data dopo una prova. La donna durante il suo periodo non e’ fertile. In un certo senso ha perso il suo potenziale datore di vita. La donna che ha partorito ha messo al mondo una vita nuova, rischiando la propria, e il lebbroso, la cui pelle bianca e’ testimone della sua guarigione, si ricongiunge alla societa’ dei viventi. Le questioni della purezza e dell’impurita’ sono quindi legate alla vita che dobbiamo costantemente scegliere e celebrare. Shabbat Shalom.

P.S. ... e perche’ una donna deve ricorrere al rito di purificazione per quattordici giorni quando partorisce una bambina? Alcuni dicono che la circoncisione del maschio serve come purificazione, altri dicono che la bambina, essendo lei stessa fonte di vita, aggiunge giorni al sistema ... .

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