Revocata la deportazione per i sud-sudanesi in Israele


Il 29 marzo 2012 la Corte distrettuale di Gerusalemme ha stabilito che i sud-sudanesi richiedenti asilo non possono essere deportati.

Pronunciandosi su una petizione presentata questa mattina da diverse organizzazioni per i diritti umani, il giudice della Corte distrettuale di Gerusalemme Yigal Marzel ha emesso un ordine temporaneo che impedisce al Ministero degli Interni di revocare la protezione collettiva precedentemente accordata alla comunità sud-sudanese in Israele e di deportare migliaia di persone nel Sud Sudan.

I richiedenti- la hotline per lavoratori stranieri, ASSAF Organizzazione di aiuto per i rifugiati ed i richiedenti asilo in Israele, il Centro per lo sviluppo dei rifugiati africani (ADRC), l'Associazione per i diritti civili in Israele (ACRI), e Medici per i diritti umani- sono stati rappresentati dalla Clinica per i diritti dei rifugiati dell'Università di Tel Aviv. Alla base della richiesta c'era la preoccupazione per la sicurezza e il benessere dei deportati e la rivendicazione che la situazione attuale in Sud Sudan è tuttaltro che sicura e stabile.

La petizione delle organizzazioni era stata preceduta oggi da una raccomandazione indipendente del Ministero per gli Affari Esteri di differire la deportazione verso il Sud Sudan a causa del deterioramento delle condizioni di sicurezza ed umanitarie negli scorsi mesi.

Le organizzazioni hanno risposto all'evento del giorno: "Siamo contenti della decisione della corte ed accogliamo con piacere il riconoscimento del Ministero degli Affari Esteri della dura realtà nel Sud Sudan – che la deportazione in questo momento costituirebbe una terribile condanna per le famiglie ed i bambini. I rifugiati sud-sudanesi in Israele prende un sospiro di sollievo e sperano che nei prossimi giorni il Primo Ministro decisa di continuare a garantire loro la protezione che risparmia le loro vite dalla guerra, dalla violenza e dalla fame. Speriamo che nei prossimi giorni il Ministero degli Interni rinnovi lo stato della comunità sudanese, così che i suoi membri possano tornare ai loro luoghi di lavoro".

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