Catechesi con i filippini


Per alcuni mesi (Marzo fine a Maggio), il Vicariato ha assicurato la catechesi per i bambini filippini alla Cappella della Divina Misericordia a Tel Aviv.


Lo sabato, 29 maggio si è concluso il primo ciclo di catechesi per bambini presso la cappella della Divina Misericordia di Tel Aviv, dove si riunisce una vivace comunità filippina residenti in Israele. L’attività condotta da p. David, accompagnato da Benedetto, volontario delle kehillot, è iniziata a Marzo ed è proseguita senza interruzioni a cadenze bisettimanali. Lo scopo di questi incontri, che si spera riprendano dopo la pausa estiva, è quello di irrobustire l’identità cristiana di questi bambini, nati e cresciuti nel tessuto della società israeliana ebraica e secolare.

La quasi totalità di loro, infatti, formatasi nelle scuole del quartiere ha rivelato nel corso delle lezioni un’ottima conoscenza della Bibbia ebraica, delle feste e delle ricorrenze ebraiche, ma solo una minoranza di essi è attualmente in grado di affiancare a questo bagaglio culturale “inculturato” i contenuti della fede cristiana, praticata piuttosto assiduamente con i propri genitori. Da qui la sfida accolta con zelo dal responsabile della comunità cattolica ebreofona, di raccontare a questi bambini, nella lingua in cui sono soliti apprendere, la storia della salvezza in prospettiva cristiana, aiutandoli a compiere questa tanto importante integrazione tra le due componenti della loro identità cristiana e israeliana. Colpisce il numero di questi piccoli studenti, in media una trentina, che con curiosità e interesse si sono lasciati guidare in un percorso di scoperta che si potrebbe riassumere con il titolo del libro del p. Gregor Pawlowsky “Conoscere Gesù”, utilizzato come strumento didattico.

La testimonianza di Benedetto

La visita alla comunità filippina di Tel Aviv era un’attività non prevista dal mio primo impegno con le kehillot, ma che si è concretizzata in corso di opera. L’ho accettata con entusiasmo, e devo dire che non me ne sono pentito. È stata un’occasione importante per conoscere una realtà senz’altro nuova per me, quella della immigrazione non ebraica in Israele, e la scoperta di come come queste comunità “minoritarie” si organizzino e si ritrovino in centri di aggregazione come i luoghi di culto, che diventano veri e propri luoghi di condivisione delle proprie gioie e fatiche quotidiane. Questi bimbi, completamente israeliani eppure “diversi” da tanti loro coetanei, mi hanno aiutato a entrare nel mistero dell’identità, del filo sottilissimo che unisce cultura e religione, e della difficoltà per un bambino di vivere la propria fede in uno status di minoranza. Tutto ciò è avvenuto in un momento in cui anche le circostanze politiche e sociali del paese mettevano in discussione la permanenza sul suolo israeliano di migliaia di cittadini stranieri, di cui quei bambini sono parte. Posso dire che è stata una esperienza forte, in cui la mia parte era quella di essere un amico, e di insegnare loro qualche canto, scelto dal repertorio delle kehillot. Sarebbe bello se anche altri cristiani del paese sentissero il desiderio di visitare questi fratelli, di dedicare loro un tempo e di confermare la loro fede attraverso dinamiche di relazione e di amicizia.

L’ultimo giorno è stato duro salutarli, sebbene una parte di loro parteciperà al campo estivo del prossimo luglio. Porterò nella memoria il ricordo dei loro sorrisi e del loro entusiasmo!

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